Work-life balance, lifelong learning e upskilling, nient’altro. Le aziende che riescono a soddisfare queste tre priorità dei giovani hanno già vinto a priori e non devono temere nessuna fuga dei talenti. Troppo esigenti? No, hanno solo tanta voglia di fare (e di imparare)!
Gabriele Giugliano
CEO e co-founder di Tutored
Assistiamo oggi a un radicale mutamento delle priorità dei giovani e di chi si approccia per la prima volta alla ricerca del lavoro. Sono cambi di paradigma che mettono al centro l’individuo, le sue aspettative e ambizioni e lo inseriscono all’interno di un contesto lavorativo fatto da una costellazione di aziende che, per rimanere attrattive e competitive, devono per forza adattarsi ai nuovi trend.
Tematiche attuali come quella delle grandi dimissioni, del work-life balance e del lifelong learning.
Ricerca del lavoro: preferenza per le realtà che garantiscono il work-life balance
Come emerge dalla ricerca “Universitari e mondo del lavoro 2022”, con cui Tutored insieme a Gi-Group (e in collaborazione con ODM Consulting) ha raccolto i pareri di Millennials e Generazione Z, il 39,1% degli intervistati vede il lavoro come percorso di crescita personale e professionale, il 16%, invece, lo identifica come componente necessaria della vita che deve combinarsi con esigenze personali.
Dati che mettono al centro il concetto di work-life balance, ovvero il bisogno della next-gen di lavoratori – che nel 2025 costituiranno ben il 75% degli occupati a livello globale – di trovare una professione che consenta loro di avere il giusto equilibrio tra esigenze personali e lavorative. Una riscoperta dell’importanza della vita privata che, negli ultimi 20 anni, complici anche le crisi economiche ed il loro impatto sull’occupazione a livello globale, era passata in secondo piano rispetto ad altre componenti strumentali, come la sicurezza e stabilità economica.
…ma anche percorsi di lifelong learning e upskilling
Pone sempre al centro l’individuo l’altro macro-trend che si sta affermando oggi: quello del lifelong learning. Il tema della formazione continua e dell’upskilling si posiziona, per il 28% dei giovani intervistati, tra i fattori fondamentali nella ricerca di un impiego.
L’idea è quella di vivere un percorso lavorativo di crescita costante, sia dal punto di vista professionale che personale. Si cerca oggi l’azienda in grado di assecondare o, meglio ancora, stimolare questa ambizione e, in un contesto caratterizzato da un mercato del lavoro sempre più flessibile e in costante mutamento, capace di mantenere sempre aggiornate le skill – hard e soft – dei propri dipendenti.
Esigenza che nasce anche dalla presa di coscienza di un problema sempre più importante in Italia: quello del cosiddetto skill mismatch, ovvero il disallineamento tra formazione universitaria, titoli di studio e competenze richieste dal mercato del lavoro. Si tratta di un fattore che preoccupa 1 giovane su 2 (55%) e che, in molti casi, frena anche nella ricerca del lavoro, per il timore di non saper svolgere le mansioni richieste dagli annunci che, costruiti ancora secondo una concezione superata, in quella lista di caratteristiche e competenze da possedere mettono al centro le esigenze dell’azienda e non quelle del lavoratore.
“Sbirciare” dentro l’azienda per capire che cosa si farà concretamente
A questo punto quello che potrebbe essere utile ai ragazzi è avere una maggiore percezione e consapevolezza di quello che succede in azienda e toccare, quanto più è possibile, con mano in che cosa consiste il lavoro per cui si vorrebbero candidare.
Ciò è possibile consentendo ai giovani di dare “una sbirciata” al loro futuro lavorativo. Ad esempio, un’azienda del settore ICT che sta cercando un programmatore può mostrare a una platea di talenti già selezionati (ad esempio, tramite gli algoritmi di Tutored) che cosa fa concretamente in azienda una persona che svolge il lavoro per cui è stata aperta la posizione, come la scrittura di un codice.
Chiaramente è utile prima fare una scrematura tra i candidati (ad esempio, noi di Tutored abbiamo organizzato ore di “focus group” – in presenza e in remoto – con decine di studenti provenienti da diversi atenei e corsi di laurea). In questo modo il candidato può valutare con più serenità se la posizione è in linea con le ambizioni personali e professionali, con le competenze o se si è attratti dalle skill che si potrebbero apprendere o perfezionare nel caso si entrasse in azienda.
Questo modo di strutturare il processo di application permette a domanda e offerta di incontrarsi in modo nuovo e più diretto. Da un lato i giovani non corrono il rischio di accettare un lavoro a “scatola chiusa”; dall’altro si riduce il fenomeno delle Grandi Dimissioni, che sembra oggi rappresentare una criticità più per le aziende che per le nuove generazioni che considerano il cambiare lavoro un’opportunità di miglioramento e crescita.