L’autore di “MBA Power: innovare alla ricerca del proprio purpose” racconta su quali aspetti lavorare. Primo fra tutti: la formazione continua
Paola Capoferro
Responsabile Editoriale
La formazione, quel percorso di arricchimento continuo che consente di distinguersi nel mondo del lavoro, non ha età, e non c’è differenza tra uomini e donne. Ed è fondamentale continuare a imparare se si vuole diventare dei veri leader.
Lo ha sottolineato più volte Filippo Poletti – speaker, giornalista professionista che dal 2017 cura su LinkedIn una rubrica quotidiana dedicata ai cambiamenti del mondo delle professioni, che è diventato anche una delle Top voice di LinkedIn Italia – in occasione di un’intervista fatta per l’uscita del suo nuovo libro “MBA Power: innovare alla ricerca del proprio purpose”. Con i suoi 101 racconti di persone che hanno seguito il master alla Business School del Politecnico di Milano, si tratta del primo esempio di MBAtelling: un racconto corale appassionante ed emozionante di donne e uomini di età compresa tra i 26 e i 60 anni con formazione per lo più ingegneristica ed economica, focalizzato sulla ricerca di un nuovo approccio al lavoro con al centro la persona.
A Poletti ho chiesto di condividere alcuni spunti mutuati dalla sua esperienza che potrebbero essere utili ai ragazzi e alle ragazze in cerca di ispirazione e, perché no, anche di risposte su alcuni grandi interrogativi: “Come si diventa oggi un leader? Quali competenze sono necessarie nel mondo del lavoro? Che valore ha fare un master?”
Ed è proprio da quest’ultimo aspetto che partiamo.
Perché conseguire un master è importante anche per i Millennials
Alla fine del libro di Poletti, a pagina 231, c’è il decalogo dell’MBA Power. Tra i 10 punti due riguardano da vicino i Millennials o Generazione Y, quelli nati tra il 1981 e il 1996, desiderosi di ricoprire ruoli sempre più rilevanti nel mondo del lavoro.
Per pensare in grande bisogna acquisire grandi competenze. Un tempo c’era una pubblicità che diceva: “Per pitturare una grande parete ci vuole un grande pennello”. Anche nel mondo del lavoro vale la stessa cosa: per fare grandi progetti e realizzarli occorre una grande cassetta degli attrezzi. Bisogna essere “superprofessionisti”, non solo professionisti. Bisogna essere superpowerful.
Un esempio emblematico è quello di Ghaieth Guerine, racconta Poletti, che, assieme ad alcuni colleghi della Business School del Politecnico ha ideato Play4future, la piattaforma digitale che coniuga l’intrattenimento con l’educazione alla sostenibilità e all’inclusività. Un altro esempio è quello di Alessandro Giudici, ingegnere gestionale, classe 1980, fondatore nel 2021 della startup Ecircular, ispirata ai principi dell’economia circolare.
Tre insegnamenti fonte di ispirazione
A Filippo Poletti ho chiesto di condividere 3 elementi che emergono dalle storie che ha raccontato nel libro e che potrebbero essere utili per i nostri lettori.
1: «Prima ancora di essere professionisti siamo donne e uomini»
Questo aspetto lo raccontano bene le neomamme presenti nel libro. Giovanna Roversi, economista, classe 1990, dice: “Non dimenticherò mai la lezione dedicata alla catena di approvvigionamento seguita dall’ospedale, dove poche ore prima era venuta al mondo la mia prima bimba, Bianca. Me la porterò nel cuore per la sensazione di famiglia, che mi hanno trasmesso i compagni e i professori, e per la forza di volontà e fisica che ho scoperto di avere”. Prima del job title ci sono le persone con le loro storie di vita.
2: «L’unione fa la forza»
C’è un detto africano che dice: “Se volete andare in fretta, andate soli; se volete andare lontano, andate insieme”. La prima competenza da sviluppare è fare rete. In contesti sempre più complessi, dove nessun professionista e organizzazione può vantare di possedere tutto il sapere del mondo, disegnare un futuro migliore per tutti, che sia in grado di rinnovarsi radicalmente o incrementalmente, dipende molto dalla nostra capacità di attingere al sapere distribuito, quello che gli inglesi chiamano il “saper dove” o know-where.
3: «Il destino è nelle nostre mani»
Non chiediamoci cosa può fare il mondo per noi, chiediamoci cosa possiamo fare noi per il mondo. Lo dice bene Francesco Vallone nella dedica dell’executive MBA a suo figlio: “Solo tu puoi cambiare il tuo futuro e, quando ti sentirai dire che era destino, spero potrai rispondere: «Peggio per te, io non ci sto”.
Quali competenze devono avere oggi i ragazzi per affrontare il mondo del lavoro
In un contesto in cui si parla di veloce obsolescenza delle conoscenze e in cui le soft skill sono sempre più sotto i riflettori a Poletti ho chiesto quali sono oggi le competenze su cui puntare.
«Oggi quello che serve è sapere come creare valore per l’azienda per cui si lavora, il mercato e il resto della società. Per questo è necessario acquisire una mentalità aperta alla progettazione e alla realizzazione di nuovi servizi e prodotti che mettano al centro l’esperienza degli utenti. In quest’ottica, dunque, serve apprendere come fare innovazione, focalizzandosi sulle tecnologie esponenziali come l’intelligenza artificiale e la realtà aumentata, le piattaforme digitali e il marketing basato sull’utilizzo di tutti i canali di comunicazione».
Ma non è tutto, perché come sottolinea il giornalista, accanto alle competenze “dure” bisogna possedere le “abilità della vita”: «Dobbiamo coltivare quella che nel 1990 gli psicologi Peter Salovey e John Mayer hanno definito intelligenza emotiva, sviluppata dallo psicologo Daniel Goleman nel 1995. È la capacità di percepire, valutare, comprendere, utilizzare e gestire le emozioni. Anche sul lavoro un sorriso è più efficace di tante parole».
Cosa serve per diventare leader oggi
Quindi, date per acquisite le competenze (che però, ricordiamolo, non si deve mai smettere di allenare), la strada per diventare un leader non sempre è ben tracciata. Avere quindi qualche suggerimento è sicuramente utile: ed è quello che ho chiesto a Poletti, che ne ha condivisi 3.
Sul leader di oggi, come dice bene Daniele Bisello (direttore della NABA di Roma, la Nuova Accademia delle Belle Arti), grava una missione importante: quella di generare prima di tutto benessere, fuori e dentro l’azienda, facendo profitto e rendendo sostenibile il progetto di lavoro e vita.
Sergii Markovskyi, una delle 101 persone di cui ho parlato nel libro, dice: “Questo percorso mi ha anche aiutato a capire che la guerra in Ucraina, dove vivo, non è solo un disastro, ma anche un’opportunità per cambiare radicalmente e continuare a farlo in futuro”.
Quello che si intende è che si deve essere un professionista che si pone al servizio degli altri, fuori e dentro l’azienda, prendendosene cura. Il leader deve essere rispettoso. Ascolta anzitutto, informando, coinvolgendo e ispirando chi sta vicino a loro e incontrano. Rileggiamo l’acronimo KPI da “key performance indicators” a “Keep informed, keep involved, keep inspired” (per citare il coach Robertson Hunter Stewart). La “shared” leadership, in italiano la “leadership condivisa”, è il modo più efficace con cui oggi possiamo affrontare le sfide professionali. Il futuro, in sintesi, è nelle mani unite di più generazioni, giovani e senior. Chi vuole diventare un leader deve ricordarsi sempre che nessun capo è un’isola.
Che cosa devono tenere a mente i manager del futuro
Immaginando come potrebbe essere il mondo di domani Poletti individua 3 aspetti su cui lavorare per diventare leader a prova di futuro.
Suggerimento 1
Come dice Peter Thiel, cofondatore di PayPal, per costruire il futuro bisogna andare da zero a uno. Occorre un cambiamento radicale (verticale, trasformativo). Non serve andare da 1 a n, promuovendo il cambiamento incrementale che aggiunge qualcosa a ciò che ci è familiare.
Suggerimento 2
La chiave del successo per le imprese è saper innovare, generando idee per nuovi prodotti, processi, modelli di business e approcci organizzativi. Attenzione, però: come spiega l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico nel “Manual for measuring innovation”, innovare significa «realizzare nuovi (o significativamente migliorati) prodotti (siano essi beni o servizi), processi, metodi di marketing o metodi organizzativi. L’innovazione esiste solo quando un’idea, piccola o grande che sia, è realizzata o, come si dice, “scaricata a terra”. Innovare significa, dunque, portare le idee sul mercato.
Suggerimento 3
Bisogna imparare lungo tutto l’arco della propria carriera, sia quando si è ancora junior che quando si è maturata esperienza. Nel libro “MBA Power” ci sono le testimonianze di donne e uomini di età compresa tra 30 e 60 anni. La formazione non ha età.
Per chi volesse leggere il libro, MBA Power: innovare alla ricerca del proprio purpose è disponibile in libreria e su tutte le piattaforme di acquisto online