Alessandra, Top Manager Under 35, ci racconta com’è arrivata a ricoprire il ruolo di responsabile della Direzione Marketing di un’azienda meccanica. Gli ingredienti del suo successo? Dedizione, empatia e focus sulle relazioni umane
Walt Disney diceva: “Se puoi sognarlo puoi farlo”. E Alessandra Scapin, nominata Top Manager Under 35 da una classifica stilata dal Sole24Ore e SDA Bocconi e oggi Responsabile Marketing e Comunicazione di IMG (Industria Meccanica Girardello), rappresenta uno dei tanti esempi che confermano che avverare i propri sogni è possibile. Ma non basta crederci, serve mettersi in gioco, uscire dalla comfort zone e sperimentare per trovare il giusto match tra il lavoro e le passioni.
L’abbiamo intervistata, perché Alessandra, con la sua storia, oltre a trasmettere tante sensazioni positive può davvero essere un modello da cui trarre ispirazione.
Ci racconti il tuo percorso di studi?
Ho frequentato il liceo linguistico perché sono sempre stata attratta dalle lingue, ma mi piaceva anche viaggiare; ho sempre voluto conoscere il mondo. Durante il liceo ho avuto l’opportunità di vivere all’estero per un po’, e sono state proprio le esperienze di quel periodo che mi hanno spinta a esplorare diverse possibilità per il mio futuro accademico.
Prima di scegliere la facoltà in cui avrei studiato, ho partecipato a diversi open day di vari campus perché volevo conoscere più da vicino i percorsi formativi. Ho analizzato tra i tanti anche il programma dell’università Bocconi e ho seguito delle lezioni per capire se fosse la scelta giusta per me. Lo era e così ho deciso di prepararmi per il test d’ingresso per la facoltà di economia. Passarlo era tutt’altro che scontato, considerando che c’erano solo 150 posti disponibili per oltre 3000 candidati. Ma ce l’ho fatta e ho intrapreso questo cammino totalmente diverso da quello che avevo in mente, avendo studiato lingue al liceo.
Fino a un certo punto, infatti, la strada sembrava apparentemente segnata: spesso venivo incoraggiata a seguire un percorso più “tradizionale” o legato al mio background linguistico. Tuttavia, ho sempre scelto ciò che mi faceva stare bene, indipendentemente dalle aspettative degli altri. E in questo ho avuto la fortuna di avere una famiglia pronta ad assecondare le mie scelte, permettendomi anche di “commettere errori”. So che molte ragazze e donne non hanno questa stessa possibilità. È importante scardinare questi stereotipi (perché di questo si tratta) e prendere le decisioni che possano renderci felici.
La mia esperienza universitaria alla Bocconi è stata bella tosta, ma veramente formativa. Entrata nel mondo del lavoro ho fatto diversi stage e lavorato in aziende come Heineken, Procter and Gamble ed MSC crociere. E poi sono approdata in Labo International, che è la proprietaria del marchio Fillerina e Crescina, un’azienda chimico farmaceutica. Lì sono cresciuta fino ad arrivare a essere brand manager e gestire tutto il brand .
Oggi lavoro in IMG e sono la Responsabile della Direzione Marketing. Si tratta di una realtà storica, che festeggia quest’anno i sessant’anni nel settore metallurgico, ma che aveva deciso di investire in nuovi mercati e quindi ampliare la strategia aziendale. Quando mi è stato proposto questo lavoro ho deciso di cogliere questa sfida: provenivo da settori completamente diversi e mi sarei ritrovata in un ambiente prevalentemente maschile. A convincermi è stata l’opportunità di crescita e di sviluppo che questa posizione offriva.
Il job hopping può essere un’opportunità?
Riconosco che nella mia carriera lavorativa ho fatto più volte job hopping, ma non me ne sono mai pentita, anzi suggerisco di farlo soprattutto durante i primi anni di lavoro. Posso dire di aver seguito appieno l’insegnamento di un mio professore dell’ultimo anno di università che ricordo ci ripeteva spesso: “Non abbiate remore di buttarvi, fare esperienza, provare, cambiare azienda perché fa parte del percorso di crescita”. Ho rincorso il mio sogno nonostante, chiaramente, non siano mancate le esperienze negative.
Quali sono le soft skill che ti contraddistinguono e che ti hanno portata a ricoprire oggi il tuo ruolo?
Sicuramente la flessibilità mentale e la capacità di mettermi alla prova. Ho sempre cercato di trovare il lato positivo delle cose e di imparare dai miei errori. Sono sempre stata una persona molto curiosa e questo mi ha permesso di spaziare in diversi campi e di acquisire competenze trasversali. Inoltre, sono sempre stata molto attenta alle relazioni interpersonali.
Bisogna avere un approccio positivo e proattivo, cercando di cogliere le opportunità che si presentano e di fare la differenza. Il mio consiglio è di avere sempre una mentalità aperta e di essere pronti ad apprendere ogni volta qualcosa di nuovo, anche dalle esperienze negative.
Quanto sono importanti le relazioni umane sul lavoro?
Sono sempre stata convinta che il successo di un’azienda sia strettamente legato alla capacità di tirare fuori il meglio dalle persone e di promuovere un ambiente collaborativo. Credo che la collaborazione e il confronto siano due componenti fondamentali.
Proprio per questo, negli anni ho deciso di seguire un master presso il Sole 24 Ore incentrato sulla leadership e la gestione d’impresa. Credo che il lavoro di squadra porti a risultati migliori rispetto al lavoro individuale, in altre parole “cinque teste pensano meglio di una”.
Questa è la filosofia che ho cercato di applicare una volta arrivata in IMG. Mi sono concentrata sulla valorizzazione delle competenze delle persone con cui lavoravo. Ho portato avanti una strategia basata sul coinvolgimento di tutto il team, cercando di mettere le persone al centro delle decisioni aziendali. Ho notato che un approccio people-centered ha portato a un ambiente di lavoro più positivo e ha favorito una maggiore produttività.
Il bello e le sfide del tuo lavoro?
Sappiamo tutti ormai come il marketing sia un settore che evolve e cambia continuamente in base alle dinamiche del mercato, alla concorrenza e alle nuove tecnologie. Questo è senza dubbio uno stimolo, perché devo continuamente mettermi alla prova e imparare cose nuove. Se guardo indietro, noto come molti strumenti e modalità di comunicazione che oggi consideriamo comuni non fossero neanche ipotizzabili dieci anni fa. Per quanto riguarda l’azienda in cui lavoro, la sfida principale è stata dare alla comunicazione e al marketing il giusto peso. Il settore metalmeccanico tradizionalmente investe poco in quest’ambito: quindi il mio compito è stato ed è far comprendere la strategicità di quest’area.
Quali contributi possono portare le donne in un settore come il tuo?
Molto spesso siamo radicati in costrutti maschili e ci precludiamo la possibilità di considerare le potenzialità di una visione totalmente diversa. Le donne, secondo me, hanno la capacità di essere leader forti ma anche di mantenere una componente umana e sensoriale più spiccata. Questa sensibilità consente loro di gestire le persone in modo profondo e di sviluppare una leadership empatica.
Le donne sono in grado di mettersi in discussione in modo molto forte e sono disposte a cercare soluzioni nuove e originali. Inoltre, grazie alla loro naturale propensione al multitasking, possono gestire diverse attività contemporaneamente (e non è un gioco).
Hai mai avuto difficoltà nel mondo del lavoro per il fatto di essere una donna?
Devo essere sincera, sì. Soprattutto all’inizio della mia carriera ho incontrato molte difficoltà. Ho dovuto dimostrare di essere all’altezza dei miei colleghi maschi e ho spesso subìto discriminazioni di vario tipo. Non nego che mi sono trovata a dover lavorare il doppio per ottenere la stessa considerazione di un uomo. Mi sono resa conto che, talvolta, il mio ruolo e la mia posizione venivano sottovalutati o scambiati per una figura di supporto.
Ma questo succede perché ancora oggi (purtroppo) la società stessa è più propensa ad associare la figura di una donna a quella di una segretaria, mentre il ruolo di manager spetta di default all’uomo. Ad esempio, mi è capitato di essere confusa con l’assistente durante incontri o riunioni. Questo è un pregiudizio che, mi rendo conto, si riflette in molti ambienti lavorativi. Non nascondo che ci sono state occasioni in cui ho dovuto adottare un approccio più deciso e categorico per farmi “prendere sul serio”. Tuttavia, ho sempre cercato di non farmi abbattere e di dimostrare il mio valore attraverso il lavoro e le competenze.
Continuo a dire che non bisogna lavorare solo a livello di azienda; è fondamentale, invece, agire a livello istituzionale e scolastico. Le basi dei pregiudizi e degli stereotipi vengono gettate fin dall’infanzia. Se, sin da piccoli, i bambini vengono esposti, ad esempio, a ruoli predefiniti (i cosiddetti “compiti da uomo” e “compiti da donna”), si creano barriere e limitazioni che per forza influenzeranno le loro scelte future.
Fortunatamente però, c’è anche l’altra faccia della medaglia. Mi confronto spesso con le nuove generazioni e ho notato che hanno una scala valoriale completamente diversa. Per loro è essenziale non compromettere determinati valori. Sono disposti a rinunciare a lavorare in un’azienda “importante” se questa non si allinea ai loro valori.
Credo che sia fondamentale superare gli stereotipi di genere che possono limitare le scelte delle ragazze in termini di studi e professioni.
C’è qualche altro bias che, secondo te, dovrebbe essere gestito?
Credo che oggi meriti attenzione l’essere costantemente oberati di lavoro come un segno di prestigio. Non dovremmo neanche considerare questa idea come un obiettivo desiderabile, perché a mio avviso siamo arrivati al punto in cui abbiamo perso il senso delle cose.
Parlo per esperienza personale. Ho avuto modo di confrontarmi con persone che lavorano anche all’estero e io stessa ho lavorato in un’azienda svizzera in cui la gestione del tempo e del lavoro era completamente diversa. Lo straordinario dovrebbe essere qualcosa di eccezionale, non la norma. Se lavori 10 ore al giorno tutti i giorni, qualcosa non va. L’idea di essere sempre al top è sbagliata.
Non è lavorando più del dovuto o facendo a gara per eccellere più dei colleghi che una persona dimostra il suo valore. Piuttosto bisognerebbe cercare di essere sempre al top con sé stessi, ovvero essere fedeli ai propri valori e scelte e avere un buon equilibrio tra le varie sfere della vita, senza concentrarsi solo sul successo lavorativo come unico metro di paragone
Cosa diresti alla “Alessandra” che frequenta il liceo?
Se potessi parlare con la versione di me stessa che si avvicinava all’università, le direi di non avere paura. Guardando indietro, posso dire che nella vita si può fare, disfare, cadere e rialzarsi. Le cadute sono fondamentali per la crescita e l’apprendimento.
Direi anche di affrontare le insicurezze e di sfruttare ogni esperienza come un’opportunità di crescita personale e professionale. Perché ti confesso che se potessi tornare indietro io non cambierei nulla, perché nonostante i fallimenti, il dolore, il cuore spezzato e tutte le cose che mi hanno ferita, oggi sono esattamente dove voglio essere.
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