Tra gli studenti, quando si parla di imprenditoria, il passo verso l’associazione con il mondo dell’innovazione e delle startup è veramente breve e, se è breve tra innovazione e startup, tra startup e Silicon Valley è del tutto nullo.
Ma, oltre alle politiche economiche nazionali e private, c’è qualcosa in più, qualcosa di più grande che alimenta la Silicon Valley e le giovani (e non) menti d’oltre oceano: l’American dream.
Ebbene, il grande motore della Silicon valley è alimentato, oltre che dalla disarmante facilità di accesso al capitale, dal sogno Americano: attraverso duro lavoro, coraggio, determinazione e focus on è possibile giungere a condizioni di vita migliori e prosperità economica. Il sogno e il diverso approccio al fallimento costituiscono una ricetta perfetta per plasmare le nuovi generazioni di imprenditori. Nella vallata di San Francisco insegnano la metodologia Lean di Erics Ries che teorizza e sostiene la creazione del MVP ( Minimum Viable Product); all’interno di Google il nostro conterraneo Alberto Savoia insegna PretotypeIt e quello che accomuna entrambi gli approcci è la velocità di arrivo al fallimento. Non vi è paura nel fallire, si preferisce “fallire” in piccolo, creare diversi product test, indagare affondo nelle black box delle “personas” per costruire la “hockey stick curve” ed avere successo in grande.
“Innovation is the ability of individuals, companies and entire nations to continuously create their desired future” John Kao, Innovation Nation, 2007.
Sul perché si diventa imprenditori le teorie sono varie e c’è addirittura chi dice che imprenditori si nasce come se l’enterpreneurship appartenesse solo a pochi privilegiat; in realtà l’evidenza empirica ci dice il contrario: imprenditori si diventa. Ma chi è l’imprenditore? Come riconoscerlo? Possiamo identificare l’imprenditore come colui che è in grado di “scoprire” nuove opportunità, nuovi Blue oceans, di vedere oltre quello che le masse vedono, un risk taker, colui che nell’ incertezza della minaccia vede un’opportunità.
“In a world of uncertainty, our philosophy is: Take charge. If nobody knows what the future will hold, your vision of how to navigate it is as good as anyone. The future may as well belong to you.” The entrepreneurial mindset – Mcgrath, Columbia Business School.
Il blue ocean che tanto si differisce da quello rosso altro non è che una nicchia di mercato ancora non esplorata da altre imprese; in una domanda: “perché competere?” il blue ocean è vincere senza competere. Ma, volendo essere pragmatici, il manuale di strategia nato all’ INSEAD e, basato su uno studio di più di 100 anni di case study e 150 mosse strategiche ha portato W. Chan Kim & Renée Mauborgne ad individuare 4 principi fondamentali: Raise, Eliminate, reduce e create.
Purtroppo, per quanto siano solo 4 principi, anche di facile interpretazione, ancora oggi molti aziende rimangono aggrappate con vigore alla loro path depence diventando miopi nei confronti dei blue ocean (Nokia, Blockbster, kodak rappresentano un buono esempio di miopia). In aggiunta, l’avvento della rete e della globalizzazione non ha portato solo una serie di innovazioni a grappolo ma ha contribuito ad innescare l’era dell’open innovation: i nostri competitors non vengono più solo dall’Harvard ma arrivano anche dalla Cina e dal mondo intero e, il più delle volte, sono ancora più competitivi, più affamati. Fare l’imprenditore in questi tempi, nell’era dell’open innovation, del crowdsourcing, della 4th industrial revolution diventa ancora più rischioso e richiede un sempre più grande grado di resilienza.
Concludendo, il mondo ha certamente bisogno di nuovi inventori, ma paradigmando the long nose of innovation ( Bloomberg ), quello che di cui abbiamo più bisogno è dare un mercato alle invenzioni e l’esempio di Apple docet, Steve Jobs ha semplicemente utilizzato tecnologie già esistenti ripensate ed unite in unica grande vision per creare quella che si è rivelata essere una delle principali innovazioni del 21° secolo: lo smartphone; così come Elon Musk sta ripensando la logica settore spaziale con SpaceX, il settore automobilistico con la Tesla. Quello che accomuna entrambi è sempre la logica del thinking out of the box o come direbbe R.Gibson bisogna utilizzare una delle 4 lens of innovation e porsi la domanda “and If?”.
So..and if?
Contributor: Francesco Bisardi
Franceso Bisardi ha studiato Business Administration presso l’Università della Calabria e frequentato diversi seminari, stage, esperienze formative con diversi istituti e agenzie, tutte nell’ambito economico e imprenditoriale. Dice di se stesso “Sono molto determinato e competitivo. Sono appassionato di gestione, strategie e tutto ciò che riguarda il mondo dello startup (lean startup, il modello di business canvas, pretotyping, strategia oceano blu, ecc), amo tutti gli eventi internazionali e penso che dovrebbero essere una parte importante della formazione. Sono determinato a continuare i miei studi in tutto il mondo.”
– Francesco ha partecipato alla nostra gara “Diventa giornalista 2.0” e il suo articolo è stato selezionato per la pubblicazione.