I giovani italiani sanno bene cosa significa essere imprenditori, quali sacrifici e responsabilità bisogna affrontare, e sono pronti a mettersi in gioco, perchè in fondo quello che maggiormente ricercano attraverso il lavoro è la soddisfazione. E’ quanto emerge dallo studio Agenda Bain per i giovani 2016. Startup in Italia, la via dell’innovazione.
Certezza del posto fisso, tempo per la vita privata, reddito elevato sono spesso indicati quali altari del successo, di fronte ai quali si è disposti a molti compromessi, il principale è fare un lavoro che non piace. Eppure, i giovani italiani sono pronti a sacrificare subito stabilità, reddito e tempo libero per un lavoro e una carriera più gratificanti.
La soddisfazione, la gratificazione che può arrivare dal creare un’impresa, per esempio.
Lo studio “Agenda Bain per i giovani 2016. Startup in Italia, la via dell’innovazione” (scaricabile qui) ha intervistato oltre mille giovani di cui più della metà con meno di 24 anni e oltre il 70% studenti, la gran parte dei quali in ingegneria ed economia, e ha inserito nel campione anche una percentuale di giovani italiani che vivono all’estero. È emerso che il concetto di imprenditorialità è soprattutto associato con lo sviluppare un’ idea e trasformarla in opportunità di business e che i principali fattori chiave per il successo sono l’impegno e il sacrificio e il coraggio di osare.
Ma quali sono gli ostacoli a fare impresa? Anche su questo tema il campione intervistato ha dimostrato una consapevolezza piena e realistica dei problemi oggettivi, che nel nostro ecosistema startup è ampiamente riconosciuto.“Ciò che purtroppo accade – ha affermato Roberto Prioreschi, director di Bain & Company Italy in questa intervista – è che l’ecosistema italiano delle aziende innovative non riesce a esprimere il suo potenziale e questo è anche dovuto alla mancanza di una visione strutturale oltre che alla mancanza di fondi.”
Come si vede nel grafico, è proprio la mancanza di fondi che maggiormente spaventa, seguito subito dopo dalla mancanza di supporto da parte di figure esperte. Una tipologia di ostacolo che può essere per esempio superato rivolgendosi a un incubatore certificato, cioè società che offrono servizi (di mentoring, di location, di piccoli investimenti) per sostenere le primissime fase di vita delle società: ne esistono 41 complessivamente in Italia.
Certo rispetto al resto d’Europa, ancora mancano in Italia gli investimenti, sebbene il trend di crescita sia sicuramente positivo.
Bain&Company è andato anche a sentire cosa si aspettano dal futuro gli operatori del settore, i quali hanno confermato che credono in un 2017 migliore del 2016, sull’onda della crescita e delle storie di successo di quest’anno.
In definitiva, alla domanda lecita che tutti gli aspiranti imprenditori si fanno “l’Italia è un Paese giusto per fare startup?”, la risposta è dipende. Dal tipo di impresa, prima di tutto: ci sono settori in cui l’Italia è fortissima e ha già una sua autorevolezza, il biotech per esempio, ma anche il food, la moda, il design.
Ma, messi da una parte questo tipo di valutazioni di tipo business, forse questo è il momento più giusto per fare startup in Italia.