Il Center for World University Rankings (CWUR), società di consulenza degli Emirati Arabi, ha emanato la sua nuova classifica mondiale delle Università che vede Harvard per il settimo anno consecutivo salda in prima posizione. Gli atenei statunitensi sono quelli che portano a casa tutte le migliori posizioni, con 213 università tra le prime mille, ma l’Italia è in rimonta grazie alla Sapienza di Roma che scala 17 posizioni.
La prima università italiana, appunto la Sapienza, spunta solo al 67° posto, ma è notevole il fatto che in un solo anno abbia scalato la classifica di 17 posizioni rispetto allo scorso anno. A fare la differenza sono stati la qualità della docenza, la produzione scientifica e l’impatto della ricerca in termini di numero di citazioni ottenute. Si piazzano bene anche Milano ( 148 posto), Padova ( 150 posto), Firenze ( 185), Bologna (201), Torino (208).
A livello mondiale i primi dieci classificati mondiali sono i seguenti (tra parentesi la classifica dell’anno scorso), otto dei quali sono atenei US:
1. Università di Harvard (1)
2. Università di Stanford (2)
3. Istituto di tecnologia del Massachusetts – MIT (3)
4. Università di Cambridge (4)
5. Università di Oxford (5)
6. Università della California, Berkeley (7)
7. Università di Princeton (9)
8. Columbia Università (6)
9. California Istituto di Tecnologia (11)
10. Università di Chicago (8)
Andando a guardare altri Paesi europei, si nota che le prime 10 università del Regno Unito hanno tutte migliorato o mantenuto i posti rispetto allo scorso anno. L’Università di Cambridge si classifica come la prima università pubblica del mondo per il 5 ° anno consecutivo.
Il numero di atenei francesi tra i primi 1000 è ora di 58, in aumento rispetto alle 44 dell’anno scorso. Quest’anno l’Università della Sorbona è la prima istituzione francese e si colloca al 29° posto a livello mondiale.
Due università tedesche, Heidelberg e Monaco, sono entrate per la prima volta nella top 50, con nove delle prime dieci istituzioni tedesche che hanno migliorato la loro classifica rispetto all’anno scorso. Solo cinque università russe, guidate dall’Università Statale di Mosca al numero 126, figurano tra le prime 1000.
Gli Stati Uniti sono al primo posto con 213 università tra le prime 1000, seguiti da Cina (108), Regno Unito (62), Francia (58) e Giappone (56). La Germania (54), l’Italia (45), la Spagna (38), la Corea del Sud (35) e il Canada (28) completano la classifica dei primi 10 paesi. In totale, 61 paesi hanno rappresentanti tra i primi 1000.
La classifica delle università italiane, senza Bocconi e senza S’Anna
Il ranking del CWUR si basa su sette fattori (non sondaggi e dati presentati dalle università): qualità dell’insegnamento (misurata dal numero di alumni che hanno vinto importanti premi internazionali); occupazione dei laureati uscenti (misurato dal numero di alumni che hanno ricoperto posizioni di CEO presso le migliori aziende del mondo); qualità del corpo docente (misurata dal numero di accademici che hanno vinto importanti premi e riconoscimenti); risultati della ricerca (misurati in base al numero totale di pubblicazioni); pubblicazioni di qualità (misurata in base al numero di articoli di ricerca pubblicati su riviste di alto livello); influenza (misurata dal numero di articoli di ricerca pubblicati su riviste altamente influenti) e citazioni (cioè il numero di citazioni ottenute dalle pubblicazioni).
Sulla base di questi indicatori ecco quella che risulta essere la lista delle università italiane che, come già detto, vede primeggiare la Sapienza di Roma, l’Università degli Studi di Milano, l’Università di Padova, l’Università di Firenze, l’Università di Bologna, l’Università di Torino.
Sembra incredibile che non sia nemmeno menzionata la Scuola Sant’Anna di Pisa, centro di studi universitari di eccellenza soprattutto per la ricerca scientifica e la tecnologia (all’avanguardia il suo Istituto di Biorobotica), che infatti compare in altri ranking mondiali.
E non è nemmeno menzionata l’Università Bocconi di Milano che, secondo il Sole 24 Ore, è decima al mondo per i suoi master in management. Vero è che come descrive bene proprio il Sole 24 Ore, i ranking universitari diventano sempre più numerosi e in parte meno attendibili.