Sono un practical philosopher e le aziende sono in fila alla porta per lavorare con me. Questo si può rispondere a quelli che ancora sono perplessi sulla utilità di una laurea come quella in filosofia. L’ultima tendenza nelle aziende delle Silicon Valley e che comincia a dilagare in tutto il mondo è reclutare laureati in filosofia come manager o per consulenze esterne. Si chiamano appunto “practical philosophers”, o CPO (Chief Philosophy Officer), e sono destinati ad avere una grande influenza nella cultura aziendale, scansando i numeri per rimettere al centro l’uomo. Ecco l’identikit di questa nuova figura manageriale.
In un momento storico in cui tutto sembra dettato dall’avanzamento tecnologico, dai dati, dai numeri, viene a galla anche nelle aziende un grande bisogno: rimettere al centro di tutto il pensiero umano, i suoi interrogativi, le sue riflessioni più profonde.
Nuove tecnologie come l’Intelligenza Artificiale ci mettono davanti a problemi etici, ma non è solo questo: nella complessità del mondo odierno, delle sue evoluzioni e dei suoi problemi, riprendere il bandolo della matassa non è semplice e riporta alla ribalta domande antiche quanto l’uomo ‘chi sono? dove vado? che ruolo ho nel mondo?’ . Come si traduce questo in un contesto lavorativo e aziendale?
Andrew Taggart, PhD in filosofia e oggi uno dei più noti practical philosopher della Silicon Valley (consulente per aziende come Google, Facebook, Twitter e varie altre società tecnologiche e startup) invita i manager aziendali a cambiare prospettiva, andare oltre “la problematizzazione della realtà”. A suo parere non si può ridurre tutta l’attività aziendale a problemi da risolvere. Invece di chiedersi “Come posso fare a ottenere maggiore successo?” bisogna domandarsi: “Perché devo raggiungere il successo?”. Quattro mesi fa Taggart ha fondato Askhole, una società per aiutare gli innovatori e gli esperti di nuove tecnologie ad andare oltre la questione della scalabilità e della crescita per rispondere a domande sugli scopi finali e sulle responsabilità relativi alle loro attività. E’ un cambio di prospettiva radicale per un’azienda e per tutti quelli che fanno impresa.
Una prospettiva che ridefinisce il valore che sviluppa un’azienda, il suo impatto nell’economia e nella società.
In che modo, quindi, un filosofo aiuta un’impresa?
Dice un articolo di Startupbusiness dedicato a questa nuova figura: ‘Il pensiero filosofico l’arma che può aiutare le imprese, soprattutto quelle innovative, a coniugare le opportunità di business con i valori aziendali, implementando codici etici nell’organizzazione aziendale o lavorando agli obiettivi di responsabilità sociale d’impresa. I filosofi in azienda aiutano leader e manager a interrogarsi sul ruolo che giocano i propri prodotti e servizi rispetto al quadro globale, per capire non solo se qualcosa può o meno avere senso o funzionare sul mercato ma anche se ce ne sia o meno il bisogno.’
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Alcuni esempi di practical philosopher
Lou Marinoff, docente canadese, attualmente al City College di New York e Presidente dell’American Philosophical Practitioners Association (ne esiste già una…), ha formato circa 400 filosofi con il compito di portare la filosofia nelle aziende. Marinoff sostiene l’importanza di applicare la filosofia al business dal 2000. Ha collaborato con organizzazioni quali il World Economic Forum e la Comisión Federal de Electricidad in Messico ed è autore di “Plato Not Prozac, Therapy for the Sane, The Middle Way, The Power of Dao”: un saggio che punta a dimostrare come si può applicare la filosofia ai problemi di tutti i giorni. “Questa è una generazione di pionieri filosofi, se volete di filosofi imprenditori” dice. Nel suo lavoro, tiene a sottolineare, non offre soluzioni. Formula invece domande che aiutano il cliente a ottenere nuove prospettive. Il focus è sul pensiero critico e sull’esame dei valori per capire cosa è giusto fare. Dei clienti dice: “Sono persone molto intelligenti ma che hanno un carico di lavoro eccessivo, perciò non hanno tempo sufficiente per riflettere. Gran parte della nostra attività è creare uno spazio per la riflessione”.Nel Regno Unito Joe Garner, Ceo di Nationwide (la più grande società di costruzioni del mondo), già in BT Openreach e HSBC, ha lavorato per diversi anni con Roger Steare, filosofo residente presso la Cass Business School e autore del libro “Ethicability”. Steare è stato anche consulente di multinazionali come BP dopo il disastro petrolifero in Messico. Sua opinione è che i valori, che sono la coscienza collettiva della società, devono essere parte del processo aziendale.In Italia si è fatto notare Raffaele Tovazzi. Imprenditore, filosofo e comunicatore nato a Rovereto e oggi residente a Londra, è autore di bestseller per Mondadori e ha al suo attivo consulenze per le maggiori realtà d’impresa italiane. Si definisce “il primo filosofo esecutivo italiano” e il movimento da lui creato si chiama proprio così, Filosofia esecutiva.Il filosofo esecutivo, spiega Raffaele Tovazzi, affianca professionisti, manager e imprenditori che vogliono fare “innovazione”, termine che deriva dal latino in nova agere, che significa “mettere in azione idee nuove”. Due sono i presupposti per fare innovazione in un settore: saper riconoscere i corsi e i ricorsi storici, anticipando le tendenze del mercato; possedere una profonda conoscenza della neurologia umana e di come il linguaggio sia in grado di influenzare il pensiero determinando il comportamento dei singoli individui e delle masse. La complessità di queste competenze, oltre che la solo recentissima diffusione nel mercato del tech, fa sì che non esista (ancora) un percorso unico per diventare filosofo esecutivo. Senza dubbio chiunque voglia affermarsi in questa professione necessita di una cultura classica (meglio una laurea in filosofia), consolidata esperienza nel mondo dell’impresa e competenze in materia di psicologia cognitiva e manipolazione mediatica.Anche uno dei filosofi contemporanei più prestigiosi, Luciano Floridi, ha collaborato con una multinazionale tecnologica: proprio Google. Laureato a La Sapienza di Roma, master in filosofia e PhD all’università di Warwick, oggi docente di filosofia ed etica dell’informazione presso l’Università di Oxford, Floridi è stato scelto nel 2014 tra i membri della commissione istituita da Google per la questione del diritto all’oblio.
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