Il mondo del lavoro oggi richiede competenze digitali, ma siamo sicuri che sarà ancora così anche nel prossimo futuro? Nonostante il futuro (e l’oggi) siano tech, è proprio l’avanzare di questa tecnologia e in particolare dell’intelligenza artificiale a poter rendere obsolete le relative skill, a tutto vantaggio di altre competenze, in primis la creatività. Lo sostiene il miliardario americano e investitore in startup tecnologiche, Mark Cuban.
Abbiamo bisogno di essere meccanici per guidare un’auto? No. Più o meno questo succederà nel prossimo futuro in ambito tecnologico: grazie al miglioramento continuo dell’intelligenza artificiale, che potrà svolgere compiti sempre più complessi, secondo Cuban come riporta l’articolo di CorCom, i lavoratori altamente qualificati decideranno quel che vogliono ottenere e le reti neurali provvederanno a prendersi cura dei problemi pratici e di codifica. I lavoratori poco qualificati, d’altra parte, troveranno posti in cui dovranno etichettare i dati che vengono utilizzati per addestrare l’intelligenza artificiale, in maniera simile al modo in cui oggi il lavoratore di un magazzino organizza i prodotti sugli scaffali.
Certo al momento, la laurea in informatica è in cima alla classifica di quelle più richieste e anche più pagate, ma ‘ tra vent’anni, se sei un programmatore, potresti essere senza lavoro’ dice sempre Cuban, che aggiunge ‘i benefici a breve termine di un corso di informatica saranno presto superati dai guadagni a lungo termine di una laurea in discipline umanistiche. Creatività, collaborazione, capacità comunicative: queste cose sono molto importanti e faranno la differenza tra farcela o no’.
Certamente a questo punto conviene chiedersi cosa si intenda per competenze digitali, perché è chiaro che determinate skil digitali sono necessarie anche per interfacciarsi con le macchine, come dimostra l’evolversi di professioni apparentemente minacciate già oggi dall’automazione. Il discorso del sig.Cuban ha molto senso, ma sembra soprattutto riferirsi al mondo della programmazione, soprattutto alla scrittura di codice più elementare, poco creativa, dice infatti ‘La maggior parte delle attività che un informatico potrà fare sul posto di lavoro saranno invece svolte dalle intelligenze artificiali. Quelle che serviranno saranno invece competenze di tipo creativo, che sostituiranno i lavori basati sulla scrittura di semplice codice’.
Che le lauree umanistiche stiano ritornando in voga, dopo anni in cui sono state trascurate, lo dimostrano anche altre indicazioni che arrivano dal mondo del lavoro: ne è un esempio il rilancio della laurea in filosofia di cui abbiamo parlato qualche tempo fa, conseguente alla nascita della figura aziendale del ‘practical philosopher’ , un profilo che aiuta le aziende ad affrontare le nuove sfide poste dall’intelligenza artificiale e da una realtà sempre più complessa, a migliorare la propria cultura aziendale, a coniugare le opportunità di business con un’innovazione al servizio dell’uomo, a raggiungere obiettivi di responsabilità sociale d’impresa. I filosofi in azienda aiutano leader e manager a interrogarsi sul ruolo che giocano i propri prodotti e servizi rispetto al quadro globale, per capire non solo se qualcosa può o meno avere senso o funzionare sul mercato, ma anche se ce ne sia o meno il bisogno.
Un altro esempio ci è dato proprio nell’ambito di sviluppo dell’intelligenza artificiale: come ci aveva spiegato tempo fa Accenture, oggi si dovrebbe parlare sopratutto di ‘intelligenza artificiale responsabile’, ricordandoci che non si può ridurre l’AI al solo aspetto tecnologico. ‘È invece fondamentale affrontare questo tema portandoci dietro anche il nostro bagaglio di competenze umanistiche e ponendoci il problema di come progettare questi sistemi con un approccio più rispettoso della sfera umana.’ ci aveva detto Marco Siciliano, Accenture Senior Manager, alla guida di un team di circa 40 persone, un gruppo di ragazzi e ragazze molto diversificato che al suo interno annovera statistici, ingegneri ma anche profili meno tradizionali rispetto alle professioni STEM, come economisti o esperti in scienze cognitive.