E’ dal 2012 che il termine industria 4.0 ha cominciato a circolare diventando un tormentone. Cosa significa esattamente industria 4.0 o industry 4.0? Il termine si collega direttamente alla cosiddetta Quarta rivoluzione industriale: come saprai, avendolo studiato fin dalle scuole medie, la storia moderna è stata scandita da altre rivoluzioni industriali, tutte scaturite da avanzamenti tecnologici, che hanno avuto un impatto determinante nelllo sviluppo economico e sociale, in particolare della società occidentale. Ora, siamo nel pieno di questa nuova rivoluzione, che passerà alla storia come la 4°, vediamo meglio di cosa si tratta e quali cambiamenti portarà nella nostra vita, in particolare quella lavorativa.
Il contesto dell’industria 4.0: la quarta rivoluzione industriale
L’immagine schematizza molto bene il succedersi delle rivoluzioni industriali della storia umana a partire dalla fine del 1700. Non sono state le uniche rivoluzioni, ma sono quelle determinate da avanzamenti tecnologici che hanno aperto nuove opportunità, trasformato la produzione, i modelli sociali, l’economia, gli stili di vita, la comunicazione, il benessere, il pensiero. La rivoluzione è questo: un evento che ribalta tutto. La generazione che ha preceduto i millennials ha vissuto in pieno, e vive ancora, due rivoluzioni, la terza, caratterizzato dall’arrivo dei computer e di internet, e la quarta che è una conseguenza della precedente.
La Prima Rivoluzione Industriale utilizzava l’acqua e il vapore per meccanizzare la produzione. La seconda ha usato l’energia elettrica per creare una produzione di massa. Il terzo ha usato l’elettronica e la tecnologia dell’informazione per automatizzare la produzione. Ora una quarta rivoluzione industriale si sta costruendo sulla terza, ed è caratterizzata da una fusione di tecnologie che sta sfocando i confini tra la sfera fisica, digitale e biologica.
Dice il WEF, che si tratta di qualcosa la cui portata sfugge in gran parte alle nostre previsioni, ma sicuramente modificherà radicalmente il nostro modo di vivere, lavorare e relazionarci l’uno con l’altro. Nella sua portata, ampiezza e complessità, la trasformazione sarà diversa da tutto ciò che l’umanità ha sperimentato in precedenza.
Rispetto alle precendeti, compresa la Terza Rivoluzione Industriale, si distingue per velocità, portata e impatto sui sistemi. La velocità delle attuali scoperte non ha precedenti storici. Se confrontata con le precedenti rivoluzioni industriali, la Quarta evolve a un ritmo esponenziale piuttosto che lineare. Inoltre, sta sconvolgendo quasi ogni industria in ogni Paese. E l’ampiezza e la profondità di questi cambiamenti preannunciano la trasformazione di interi sistemi di produzione, gestione e governance.
Il video che segue illustra molto bene la portata del cambiamento che la Quarta rivoluzione industriale implica.
Come le rivoluzioni industriali precendenti, anche la quarta rivoluzione industriale porta con se grandi opportunità di sviluppo all’umanità, ha il potenziale per aumentare i livelli di reddito globale e migliorare la qualità della vita delle popolazioni di tutto il mondo. Ma, la rivoluzione potrebbe produrre anche una maggiore disuguaglianza, laddove il digital gap non sia stato colmato per esempio; ma anche in relazione al suo impatto sui mercati del lavoro. Poiché l’automazione sostituirà gran parte della forza lavoro in tutta l’economia, ciò potrebbe comportare l’acuirsi del divario tra i profitti del capiale e il rendimento del lavoro. D’altro canto, è anche possibile che grazie all’automazione vengano a crearsi nuovi posti di lavoro più sicuri e gratificanti.
Definizione dell’Industria 4.0
Il mondo della produzione sta subendo una trasformazione senza precedenti guidata dalla convergenza di tecnologie come la robotica avanzata, la stampa 3D, l’intelligenza artificiale e i big data, la realtà virtuale e aumentata, l’internet delle cose. E’ proprio questa trasformazione della produzione che viene definita Industria 4.0, una potente combinazione di tecnologie che aggiunge precisione, efficienza, produttività e servizio personalizzato al business e all’industria in modi senza precedenti. Abbattendo i costi e anche i rischi connessi allo svolgimento di lavori pericolosi.
Secondo la multinazionale di consulenza McKinsey, lo sviluppo dell’Industry 4.0 si muoverà sulla base di quattro direttrici:
– Dati, potenza di calcolo e connettività (Big Data, Open Data, IoT/M2M e Cloud)
– Analytics e Intelligence (digitalizzazione e automazione della conoscenza del lavoro; Advanced Analytics)
– Interazione uomo-macchina (Interfacce touch e next-level GUIs; realtà virtuale e aumentata)
– Conversione al mondo fisico (stampa 3D; robotica avanzata, collaborazione uomo-macchina; raccolta dell’energia)
Tutto questo significa che i sistemi di produzione saranno sempre più automatizzati, data-driven; significa che cambieranno i processi lavorativi, le modalità, le mansioni degli addetti, le responsabilità, le competenze.
L’impatto dell’Industria 4.0 sul mercato del lavoro
La ricerca “The Future of the Jobs“, presentata al World Economic Forum 2016, ha avuto una grande eco nel mondo, avendo segnalato l’effetto dell’Industria 4.0 sul mercato del lavoro, in particolare la scomparsa di tantissime delle attuali professioni e la conseguente perdita di posti di lavoro, e parallelamente la nascita di nuove professioni. L’effetto, diceva il report, sarà la creazione di 2 nuovi milioni di posti di lavoro, ma contemporaneamente ne spariranno 7, con un saldo netto negativo di oltre 5 milioni di posti di lavoro. L’Italia ne usciva con un pareggio (200mila posti creati e altrettanti persi), meglio di altri Paesi come Francia e Germania. A livello di gruppi professionali le perdite si concentreranno nelle aree amministrative e della produzione: rispettivamente 4,8 e 1,6 milioni di posti distrutti. Secondo la ricerca compenseranno parzialmente queste perdite l’area finanziaria, il management, l’informatica e l’ingegneria.
Il report 2018 del Wef, offre stime più precise e anche più ottimistiche per l’occupazione: in tutti i settori industriali, entro il 2022, la crescita delle professioni emergenti dovrebbe passare dal 16% al 27% (crescita dell’11%), mentre la perdita di posti di lavoro obsoleti i dovrebbe diminuire dall’attuale 31% al 21% (declino del 10%). Circa la metà dei posti di lavoro fondamentali di oggi – che costituiscono la maggior parte dell’occupazione nelle varie industrie – rimarrà stabile nel periodo fino al 2022.
Nell’ambito delle imprese oggetto dell’indagine del Wef, che rappresentano oltre 15 milioni di lavoratori in totale, le stime hanno indicato un calo di 0,98 milioni di posti di lavoro e un guadagno di 1,74 milioni di posti di lavoro. Estrapolando queste tendenze tra gli occupati delle grandi imprese nella forza lavoro globale (non agricola), si ottiene una serie di stime per la soppressione di posti di lavoro nel periodo fino al 2022: 75 milioni di posti di lavoro possono essere rimpiazzati dall’arrivo delle macchine, ma potrebbero emergere 133 milioni di nuovi ruoli più adatti alla nuova divisione del lavoro tra esseri umani, macchine e algoritmi. Queste stime e le ipotesi che le sottendono vanno prese con cautela, sottolinea il report, anche perché rappresentano un sottoinsieme dell’occupazione a livello globale, ma sono utili per evidenziare i tipi di strategie di adattamento che devono essere messe in atto per facilitare la transizione della forza lavoro verso il nuovo mondo del lavoro. Esse rappresentano due fronti paralleli e interconnessi di cambiamento nelle trasformazioni della forza lavoro: 1) diminuzione su larga scala di alcuni ruoli, in quanto i compiti all’interno di questi ruoli diventano automatizzati o ridondanti; 2) la crescita su larga scala di nuovi prodotti e servizi – e relativi nuovi compiti e posti di lavoro – generata dall’adozione di nuove tecnologie e da altri sviluppi socioeconomici come l’aumento della classe media nelle economie emergenti e i cambiamenti demografici.
Cambiamento del lavoro e nuove professioni
Secondo McKinsey, il 60% di tutte le occupazioni attuali ha almeno il 30% delle attività tecnicamente automatizzabili, sulla base delle tecnologie attualmente validate. Questo significa che la maggior parte delle occupazioni cambierà, e sempre più persone dovranno lavorare con la tecnologia. McKinsey stima che da 75 a 375 milioni di persone dovranno cambiare lavoro e imparare nuove competenze entro il 2030, “il che implica trasformazioni sostanziali del posto di lavoro e cambiamenti per tutti i lavoratori”.
Chi intende rimanere nel mercato del lavoro dovrà inoltre abituarsi a un aggiornamnto continuo, perché il nuovo scenario non richiede solo nuove competenze, ma sfida anche con una crescente instabilità delle competenze, determinata dai veloci cambiamenti tecnologici.
Il Wef dice che ci sono profili professionali oramai consolidati che sono destinati a soddisfare la crescente domanda nel periodo fino al 2022: Data Analysts, Data Scientists, Sviluppatori software, Ecommerce e Social Media Specialist, ruoli che sono significativamente basati sull’uso della tecnologia e migliorati dall’uso della tecnologia. Si prevede inoltre una crescita di ruoli che fanno leva su competenze “umane” distintive, in ambiti come il servizio ai clienti, le vendite e il marketing, la formazione e lo sviluppo, le persone e la cultura, lo sviluppo organizzativo e l’innovazione. Inoltre, segnala un’accelerazione della domanda di una varietà di ruoli specialistici completamente nuovi legati alla comprensione e allo sfruttamento delle più recenti tecnologie emergenti: specialisti dell’intelligenza artificiale e del machine learning, specialisti dei big data, esperti di automazione dei processi, analisti della sicurezza delle informazioni, specialisti della user experience e progettisti dell’interazione uomo-macchina, ingegneri robotici e specialisti della blockchain.
Alcuni esempi di nuove professioni dell’industria 4.0
Abbiamo recentemente parlato di 5 professioni industriali tipiche e di come si stanno evolvendo nell’industria 4.0: sono il progettista, il responsabile e il tecnico di manutenzione, il tecnico assistenza, lo specialista della supply chain.
Il progettista, per esempio, può trovare oggi grandissimo aiuto nell’uso di tante nuove tecnologie, ma deve maturare nuove competenze digitali, perché la sua attività di progettazione deve essere data-driven e utilizzare gli strumenti e in concetti tecnici più all’avanguardia, per il design di hardware e per il software. Deve saper analizzare e definire i principi tecnologici e l’architettura del prodotto per far fronte ai requisiti richiesti, avvalendosi anche di strumenti di simulazione e modellistica virtuale; deve essere in grado di identificare materiali e possibili tecnologie di produzione, valutando anche le opportunità offerte dalla stampa 3D (Additive Manufacturing). Deve saper raccogliere ed analizzare i dati in fase di produzione del prototipo, anche attraverso la valorizzazione di soluzioni Internet of Things e l’utilizzo di Data Analytics. Infine deve essere in grado di collaborare allo sviluppo di soluzioni Internet of Things e di sistemi di Data Analytics funzionali a migliorare le analisi predittive ed eventuali adeguamenti delle specifiche di progetto.
Per citare un altro esempio, pensiamo al tecnico di manutenzione, che tradizionalmente, deve appunto effettuare interventi di manutenzione preventiva e a guasto, messa a punto di gruppi o impianti meccanici, elettrici, elettronici, idraulici o pneumatici.
Un profilo molto tecnico, che nell’industria 4.0 diventa ancor più tecnologico, ha un upgrade notevole.
Con le nuove tecnologie chi svolge questo ruolo deve saper utilizzare tecniche diagnostiche per la ricerca di guasti basate su software applicativi e conoscere gli sviluppi legati a dispositivi avanzati di Human Machine Interface e Augmented Reality. I tecnici di manutenzione usano sempre più spesso occhiali speciali che sfruttano la visione virtuale con cui possono individuare i pezzi da sostituire di un macchinario e gestire le operazioni di ricambio del componente; o attraverso i quali possono intervenire da remoto o coadiuvare il lavoro di colleghi meno esperti o meno specializzati.
Il tecnico di manutenzione contribuisce inoltre allo sviluppo di un sistema di manutenzione preventiva e predittiva, e sotto questo aspetto, dovrà acquisire competenze per l’utilizzo di piattaforme e algoritmi che sfruttano tutte le tecnologie abilitanti il modello di “Industria 4.0” (IoT, Big Data & Data Analytics, Intelligenza Artificiale & Machine Learning, Decision Support Systems, Realtà Aumentata, etc.). L’impiego di tali strumenti permette di acquisire e memorizzare i dati di ispezione e di intervento e di elaborarli con algoritmi e modelli capaci di trasformarli in informazione e conoscenza utile al continuo miglioramento dei piani di manutenzione e dei risultati economici aziendali.
Una più approfondita analisi del ‘manutentore 4.0’ a questo link.
Aree di lavoro nell’Industria 4.0 e relative competenze
Gli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano individuano cinque aree aziendali di sviluppo dell’industria 4.0, p sse sono:
- Fabbrica e Operations: tutte le attività di trasformazione e assemblaggio di materie prime e componenti per soddisfare gli ordini dei clienti.
- Supply Chain: sviluppo di reti collaborative che si avvalgono di piattaforme Cloud per servire al meglio i clienti e garantire qualità, affidabilità e rispetto dei tempi di consegna.
- Product-Service Development: attività di sviluppo di nuovi prodotti e servizi e progettazione del loro ciclo di vita: dalla fase di produzione, alla fase di acquisizione e utilizzo, fino alla fine della vita utile ed inizio di eventuali fasi di riuso, rilavorazione (re-manufacturing) o riciclo.
- Integrazione tra Information Technology (IT) e Operational Technology (OT). P
- Industrial Data Science: attività volte a sfruttare e valorizzare i dati provenienti da macchinari, dispositivi, prodotti, clienti, social media, notiziari per le altre aree aziendali.
Un lavoro ‘strano’ dell’industria 4.0: Man-Machine Teaming Manager
Tra le nuove professioni che potrebbero emergere nei prossimi anni nell’ambito dell’industria 4.0 c’è il ‘Man-Machine Teaming Manager’ così battezzato dalla società di consulenza internazionale Cognizant, una figura che si occupa di gestire la relazione uomo-macchina.
Sappiamo che la transizione verso la totale automazione delle fabbriche, se mai ci sarà, non sarà tanto veloce, per il momento e per almeno il prossimo decessio, la collaborazione tra uomo e macchina sarà il pilastro dell’industria 4.0, la collaborazione uomo-macchina sarà la nuova forza lavoro.
Secondo Cognizant, il Man-Machine Teaming Manager hanno la responsabilità di rendere la migliore possibile tale collaborazione, combinando i punti di forza dei robot/software AI (precisione, endurance, calcolo, velocità, ecc.) con i punti di forza degli esseri umani (cognizione, giudizio, empatia, versatilità, ecc.) in un ambiente comune e per obiettivi di business comuni. Il compito chiave per questo ruolo è lo sviluppo di un sistema di interazione attraverso il quale gli esseri umani e le macchine comunicano reciprocamente le loro capacità, obiettivi e intenzioni, e l’ideazione di un sistema di pianificazione dei compiti per la collaborazione uomo-macchina. L’obiettivo finale è quello di creare team ibridi di tipo augmented che generano migliori risultati di business attraverso la collaborazione uomo-macchina.
Questo professionista dovrà identificare compiti, processi, sistemi ed esperienze che possono essere svolti meglio dal binomio uomo-machina; e definirà ruoli e responsabilità, e le regole con cui le macchine e i lavoratori dovrebbero coordinarsi per svolgere un compito.
Quali potrebbero essere le competenze per questo ruolo, oltre a una grande passione per la robotica e attitudine alla comunicazione?
Almeno una laurea in psicologia sperimentale o neuroscienze e un master in informatica, ingegneria o risorse umane. Ma non solo: si tratta di un ruolo che si conquista con l’esperienza, sia nelle tecniche di neuroscienze umane (risonanza magnetica funzionale, stimolazione magnetica transcranica, EEG), che nella robotica (progettazione meccanica, controllo, visione robotica); servono comptenze nell’interazione uomo-robot; nel machine learning, nella programmazione.