Una ricerca di GeekandJob ha fatto il punto sul mercato del lavoro in ambito digitale in Italia, chiedendo alla propria community di esperti dell’ICT che tipo di lavoro fanno, dove, qual è la loro realtà lavorativa, il loro stipendio, quali cambiamenti vorrebbero. Ne è emerso l’identikit del professionista digitale italiano in ambito tecnico, che vede trionfare la figura del ‘full stack developer’. Un’altra delle evidenze più nette è l’indicazione dell’inquadramento come lavoratore dipendente e della città di Milano come tech-city italiana.
Per chi ancora non la conoscesse, GeekandJob è una piattaforma per la ricerca del lavoro dedicata a programmatori, designer, online marketer, data scientist. Il suo scopo è mettere in contatto questi professionisti oggi tanto richiesti con le imprese che ne hanno bisogno. Al momento ha una community di circa 8mila iscritti e ha già lavorato con molte aziende, alle quali permette di trovare esattamente il tipo di collaboratore che stanno cercando.
Proprio perché attiva nel recruiting delle nuove professioni digitali, la società ha voluto realizzare una ricerca indirizzata a guardare più da vicino come si sta evolvendo il mercato del lavoro in ambito ICT nel nostro Paese. La ricerca è stata realizzata attraverso un questionario sottoposto alla community GeekandJob, che ha avuto 780 risposte.
Ecco alcuni degli aspetti più interessanti che ne sono emersi.
- “Sviluppatore Full Stack” (la figura di sviluppatore più completa) è il titolo lavorativo più diffuso
- Milano è la città che offre il maggior numero di posto di lavoro per professionisti digitali
- L’86% dei lavoratori tech non riesce a sfruttare il lavoro da remoto in modo consistente
- La maggior parte dei talenti digitali ritiene di dover essere pagato tra il 10% e il 30% in più di quanto percepisce
- L’84% dei lavoratori ICT è pronto ad accettare nuove offerte di lavoro, ma solo il 25% le cerca attivamente.
L’identikit del professionista ICT
Il professionista ICT è giovane, laureato, dipendente. La fascia d’età più rappresentata è quella dei 30enni, dice la ricerca , seguita dai ventenni. La maggior parte sono laureati (fra triennale e specialistiche), e un terzo diplomato. Andando a guardare la grafica, si può vedere che Informatica (38,9%) e Ingegneria (24,4%) sono le lauree numericamente più rilevanti, mentre gli Istituti tecnici sono più rappresentati dei Licei (l’11,5% degli Istituti contro il 6,1% dei Licei).
Gli sviluppatori costituiscono la categoria di professionisti ICT più presente nella ricerca: più di uno su 3 si è definito “Sviluppatore Full Stack”, di gran lunga la posizione più numerosa. Seguono gli Sviluppatori Back End (quasi il 12%) e Front End (5,8%). Insieme, queste tre tipologie di sviluppatori rappresentano il 60% di chi ha risposto al questionario.
Dove lavorano questi professionisti e che tipo di contratto hanno?
Il mondo tech rappresentato nella ricerca è composto per lo più da dipendenti (oltre il 70%), il 30% in grandi aziende, con più di 250 dipendenti, la metà lavora per piccole aziende (40%) o start-up (10%). Solo il 12,6% si è classificato freelance; su numeri simili (11,2%) si attesta chi affianca attività da freelance al lavoro dipendente. Circa il 3% è invece proprietario di azienda e/o agenzia. Lavorano circa 40 ore a settimana.
Più del 40% degli intervistati percepisce uno stipendio annuo che va dai 20 ai 30 mila euro, mentre un altro 27% rientra nella fascia dei 30/40.000 €. Poco più del 5% arriva a prendere più di 50.000€ all’anno. La maggior parte pensa di meritare uno stipendio più elevato.
Un dato molto interessante è quello sulla diffusione dello smart working, nello specifico il lavoro da remoto, comunemente collegata al lavoro in ambito tecnologico, che secondo GeekandJob non è ancora diffuso in modo consistente: quasi il 40% di chi ha risposto al questionario non lavora mai da remoto. E se si aggiunge questo dato al 46% delle persone che sfruttano il remote working solo saltuariamente, si evince che l’86% dei lavoratori tech non è nelle condizioni di poter utilizzare il lavoro da remoto in modo consistente e continuativo.
D’altro canto, si potrebbe anche vedere il bicchiere mezzo pieno: se si somma chi lavora sempre da remoto, con chi lo fa per la maggior parte del tempo e chi ogni tanto andiamo al 60% di persone che possono lavorare senza timbrare il cartellino, almeno in parte. Potrebbero essere di più, la tendenza dell’organizzazione aziendale va in questa direzione e potrà soddisfare le esigenze di tanti professionisti digitali che auspicano questo cambiamento.
Milano tech-city
A quanto pare se si intende lavorare in ambito ICT il capoluogo lombardo ( e in generale la Lombardia) è il centro che offre maggiori opportunità, seguita da Roma e da Torino. Effettivamente Milano e la sua area metropolitana, oltre a essere ad alta concentrazione di imprese tecnologiche, si sta distinguendo in Europa come hub dell’innovazione ed è sede di numerose startup italiane e internazionali. Milano attira le imprese innovative ed è fucina delle stesse per via delle sue Università e relativi incubatori universitari (e incubatori in generale); per la presenza dei principali fondi di venture capital; per la capillare disseminazione di co-working e fablab; istituzioni molto attive sul fronte innovazione; grandi imprese aperte all’innovazione. Insomma, Milano è l’ecosistema dell’innovazione più completo in Italia.