Un idoneo livello di educazione digitale è indispensabile non solo per l’immediata ripartenza del Paese, ma anche, e soprattutto, per dare un futuro alle nuove generazioni. Nelle mani e nelle menti dei giovani l’Europa ripone il superamento della crisi economica e sociale e la sua sopravvivenza nel tempo.
Non è un caso che il più grande strumento finanziario mai messo in campo destinato a sostenere gli Stati membri prenda il nome di Next Generation Ue. Tuttavia, l’indagine realizzata da Save The Children – l’organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare i bambini a rischio e garantire loro un futuro – in occasione del rilancio della campagna “Riscriviamo il Futuro”, evidenzia come studenti e studentesse in Italia sembrano ancora impreparati e senza le necessarie competenze per affrontare il mondo digitale che si è loro aperto davanti.
La povertà educativa digitale secondo Save the Children
Garantire l’accessibilità a tecnologie e infrastrutture connettive adeguate resta una condizione necessaria, ma non sufficiente, se al tempo stesso non si promuove l’acquisizione di quelle competenze necessarie a superare gli ostacoli che esistono nel mondo digitale e a cogliere tutte le opportunità educative che lo stesso offre. Partendo da questa considerazione Save The Children definisce “povertà educativa digitale” la privazione delle opportunità per apprendere, ma anche sperimentare, sviluppare e far fiorire liberamente capacità, talenti e aspirazioni attraverso l’utilizzo responsabile, critico e creativo degli strumenti digitali.
I dati dello studio e le falle tecnologiche nella didattica a distanza
Dai risultati della ricerca emerge come circa un quinto (20,1%) dei minori che hanno partecipato all’indagine non è in grado di rispondere correttamente a più della metà delle domande proposte per valutare le competenze di base nell’utilizzo degli strumenti digitali, come identificare una password di sicurezza media o elevata (10%), condividere uno schermo durante una chiamata con Zoom (11%) o Teams (15,2%), inserire un link in un testo (32,8%), scaricare un documento condiviso da un insegnante sulla piattaforma della scuola (29,3%), utilizzare un browser per l’attività didattica (32,8%). Un risultato che non dovrebbe stupire se consideriamo che l’82% dichiara di non aver mai utilizzato prima della pandemia il tablet a scuola, percentuale che si assesta al 32,5% per la lavagna interattiva multimediale (LIM).
Giovani senza protezioni nella giunga dei social media
Per quanto riguarda l’ambiente virtuale dei social network, dalla ricerca emerge che una quota consistente dei giovani non conosce le regole relative all’utilizzo della sua immagine da parte dei social media (56,8%), o all’età minima per avere un profilo social (il 31,1% dei minori che hanno partecipato all’indagine pensa che l’età minima per avere un profilo sui social, ad esempio TikTok o Instagram, sia inferiore ai 13 anni e circa il 7% pensa che l’età per poter accedere ai social sia 10 anni o meno), non è in grado di eseguire semplici passaggi per rendere il proprio social accessibile soltanto agli amici, di far fronte all’uso improprio della propria immagine da parte di altri. Più della metà non conosce le implicazioni legali relative alla condivisione di contenuti offensivi sui social o non è in grado di reagire in modo corretto di fronte all’uso improprio delle immagini altrui. Infine, quasi la metà degli studenti non è in grado di riconoscere una fake news riguardante l’attualità (46,1%).
Le ragioni alla base del digital divide tra i più giovani
A influenzare la povertà educativa digitale tra i giovani aumentando il divario digitale, in inglese digital divide, concorrono più fattori, tre i principali rilevati dallo studio: condizione socio economica dei genitori, presenza e utilizzo dei dispositivi digitali a casa, finanche il genere.
Il 30% dei minori che hanno una madre con nessun titolo di studio, o licenza elementare o media, non sono stati in grado di rispondere correttamente a più della metà delle domande proposte relative alla conoscenza degli strumenti e delle applicazioni, alle loro caratteristiche e funzionalità. Tale percentuale scende al 13.9% per gli studenti la cui madre ha un titolo di studio superiore ed al 5.5% se la madre ha un diploma universitario. Percentuali pressoché identiche si osservano quando si prende in considerazione il titolo di studio del padre (26.1% -14.6% – 5.1%).
Non sorprende che il livello di competenze sia correlato alla presenza e all’utilizzo di dispositivi digitali. All’aumentare del numero di dispositivi digitali presenti a casa, in particolare tablet e PC, diminuisce anche l’incidenza della povertà educativa digitale. Guardando nel dettaglio, la percentuale di minori di 13 anni in povertà educativa digitale che vivono in abitazioni in cui sono presenti meno di un tablet o personal computer per persona è del 25.9% a fronte dell’11.4% dei coetanei che vivono invece in case dove c’è almeno un dispositivo digitale per persona. Allo stato attuale tra gli studenti partecipanti allo studio coloro che dichiarano di non avere a disposizione nessun tablet a casa sono il 30.4%, mentre il 14.2% afferma di non avere un personal computer. Più della metà (54%) vive in abitazioni dove ciascun membro della famiglia ha a disposizione meno di un dispositivo.
Per quanto riguarda le differenze di genere, invece, l’incidenza della povertà educativa digitale risulta essere maggiore tra i maschi.
Come supportare l’educazione digitale tra i giovani
Nel suo studio, Save The Children non si limita a constatare lo stato di fatto, ma si spinge oltre e propone una strategia di contrasto alla povertà educativa digitale, focalizzata sui seguenti obiettivi:
• Fornire a tutte le classi delle scuole, a partire dall’infanzia, strumenti digitali e connessioni veloci, come prerequisito essenziale per ridurre il digital divide, dando priorità alle strutture situate in aree particolarmente svantaggiate dove maggiore è l’incidenza della povertà materiale e educativa (o le aree remote, disconnesse);
• Fornire alle famiglie più in difficoltà (che vivono in povertà o in aree disconnesse) adeguati strumenti digitali (esistono anche delle iniziative come PC4U.Tech, volte ad aiutare i meno abbienti ad avere uno strumento digitale da mettere a disposizione dell’educazione dei ragazzi);
• Definire un quadro teorico delle competenze digitali, integrandole nel Curriculum nazionale, come auspicato nel Piano Nazionale Scuola Digitale. Il quadro dovrà dare un indirizzo chiaro sulla dimensione, sul ruolo e sul contorno delle competenze digitali che ogni studente dovrà sviluppare e i relativi obiettivi di apprendimento e dovrà incentrarsi non soltanto sulle competenze relative all’alfabetizzazione digitale di base, ma anche sulla “digital literacy” ovvero sull’apprendimento e sviluppo personale nel mondo digitale, dei rapporti sociali e la consapevolezza del mondo;
• Sulla base di tale quadro, bisogna sviluppare e implementare un sistema di valutazione delle competenze digitali a scuola, creando un patentino che certifichi un percorso formativo di studenti e studentesse a conclusione della scuola secondaria di primo grado;
• Formare i docenti sull’uso delle tecnologie digitali a scuola e lo sviluppo delle competenze tra gli studenti, con particolare riferimento all’educazione alla cittadinanza digitale e al pensiero critico. Sarà essenziale, in tal senso, integrare ed armonizzare le esperienze e gli strumenti esistenti, come il Curriculum di Educazione Civica Digitale (2018), le Linee Guida per l’insegnamento dell’Educazione Civica (2020), che rappresentano un primo tentativo di declinare alcuni ambiti di competenza e di sviluppare risorse/esempi di buone pratiche utili alle scuole per progettare percorsi didattici sulle competenze digitali in modo olistico, e alcuni interventi pilota per la definizione e l’implementazione di percorsi curriculari, affidati ad attori pubblici (INDIRE) e privati (grandi aziende ICT e terzo settore) ed alle Università ed i centri di ricerca;
• Avviare programmi volti a rafforzare la genitorialità digitale, sensibilizzando i genitori sull’uso corretto e consapevole dei nuovi strumenti digitali, per se stessi e per i figli (adult learning);
• Inserire obiettivi relativi al raggiungimento delle competenze digitali nei patti educativi di comunità.