In un momento in cui scarseggiano le competenze STEM, ricercatissime dalle aziende, chi sceglie un percorso di studi in questo ambito ha il 90% di possibilità di trovare un’occupazione soddisfacente entro pochi anni dal conseguimento del titolo
Lorenza Luzzati
Collaboratrice editoriale
Oggi scegliere di studiare materie STEM (Science, Technology, Engineering e Mathematics) e laurearsi in materie scientifiche è un investimento che paga.
Infatti le competenze in ambito tecnico-scientifico sono molto ricercate dalle aziende, una situazione che si ripercuote anche sulla retribuzione.
Studiare materie STEM significa essere preparati a lavorare in diversi settori, tra cui risorse umane, finanza, contabilità, informatica e altro ancora. Inoltre, la possibilità di unire creatività e conoscenza tecnica offre nuove opportunità di crescita professionale, soprattutto in un mondo sempre più tecnologico.
Le università offrono una vasta gamma di programmi che aiutano gli studenti ad acquisire competenze nell’ambito STEM, con l’obiettivo di prepararli a un futuro ricco di opportunità. La maggior parte dei programmi consente agli studenti di specializzarsi in determinati aspetti del settore, ad esempio informatica o ingegneria meccanica.
Anche i laureati con un master in Scienze, Tecnologia, Ingegneria e Matematica possono trovare lavoro presso aziende che operano nei settori dell’hi-tech, delle telecomunicazioni, della produzione di energia, della biotecnologia o anche nel settore governativo. Inoltre, i laureati possono anche trovare lavoro presso banche d’investimento, istituzioni educative o società di consulenza.
I laureati STEM guadagnano di più
Secondo il Rapporto 2022 sul Profilo e sulla Condizione occupazionale di Almalaurea, il record in busta paga spetta ai laureati di ingegneria industriale e dell’informazione tra le più richieste dal mondo del lavoro e di informatica e tecnologie Ict, con rispettivamente 1.893 e 1.851 euro mensili netti a un anno dal titolo. Rispetto a una media 2021 di 1.407 euro per i laureati di secondo livello.
Tuttavia c’è uno scollamento sempre più forte fra l’altissima richiesta del mondo del lavoro e il numero di persone che decidono di intraprendere un percorso di studi STEM.
In Italia il 44% delle imprese ha già avuto difficoltà a trovare candidati con questo tipo di formazione (percentuale che sale al 55% a livello europeo per quanto riguarda la ricerca di posizioni ICT).
È quanto evidenziano i dati del secondo rapporto dell’Osservatorio STEM Rethink STE(A)M education – A sustainable future through scientific, tech and humanistic skills promosso da Deloitte.
Lo studio si è basato sulla somministrazione di 2.650 interviste a studenti, giovani occupati, Neet e 26 approfondimenti con esponenti del mondo accademico e dell’imprenditoria di sette diversi Paesi (Italia, Grecia, Malta, Spagna, Francia, Germania e Regno Unito).
Lo skill gap italiano emerge anche dal Future Skills Architect (FSA) di Boston Consulting Group, che permette di analizzare le prestazioni di un Paese calcolandone l’indice di “maturità” sulla base della presenza di competenze richieste dal mercato del lavoro: l’Italia si trova al 34° posto su 75 Paesi.
Lauree STEM: da skill mismatch a opportunità
Questa situazione sconfortante, si trasforma in una grande opportunità per chi in questo momento sta decidendo il proprio percorso di studi.
Orientarsi su una disciplina STEM in un periodo in cui ancora pochi fanno questa scelta vuol dire avere meno concorrenza.
Infatti, secondo la ricerca Deloitte, i laureati STEM, continuano a essere solo il 26% nei Paesi europei considerati, un numero che scende a circa il 15% per le donne.
Una tendenza quasi invariata negli ultimi cinque anni. Da quanto emerge dallo studio, la scarsa iscrizione a corsi universitari in materie tecniche e scientifiche dipende anche dai bias e stereotipi di genere secondo cui queste materie sono più difficili e richiedono più tempo e risorse economiche, a cui si aggiungono stereotipi di genere che vogliono le donne meno portate in questi ambiti (leggi la storia della fisica e ricercatrice Maria Ubiali e di come è andata oltre gli stereotipi).
Quindi, chi sceglie un percorso scientifico-tecnologico ha più probabilità di trovare un impiego. Lo conferma lo studio di Almalaurea, secondo cui ben il 90% dei laureati in materie STEM trova un’occupazione del tutto soddisfacente e gratificate entro cinque anni dal conseguimento del titolo di studio.
Ma non sono solo i lavori in ambito tecnico-scentifico che richiederanno competenze digitali. Secondo una ricerca del World Economic Forum, più di sei mestieri del futuro su dieci saranno completamente diversi da quelli che conosciamo oggi e richiederanno specifiche competenze scientifiche.
Conviene farsi trovare preparati.