Nel quinquennio appena cominciato le previsioni dicono che in Italia ci sarà una diminuzione nel numero di laureati, conseguente a un calo delle immatricolazioni. Il mercato del lavoro, però, richiede più personale ‘high skill’, cioè più laureati e in particolare sono richiesti determinati titoli di studio. Insomma, hanno ragione i genitori quando dicono ‘prenditi la laurea per trovare lavoro’, ma bisogna scegliere con cura la facoltà e i dati di un recente rapporto ci aiutano a farlo.
I laureati in indirizzi geo-biolologi avranno mediamente una possibilità su tre di trovare lavoro, mentre un laureato in discipline economiche-statistiche sarà conteso dalle aziende.
Il rapporto Previsione dei Fabbisogni Occupazionali in Italia a medio termine (2018-2022) di Unioncamere – ANPAL, Sistema Informativo Excelsior , affronta il tema del mercato del lavoro nei prossimi 5 anni, quindi nel breve e medio periodo, analizzandolo in rapporto a settore pubblico e privato, al settore industriale, alla formazione e titolo di studio. Il quadro che emerge per quanto riguarda l’ambito dei laureati italiani è da considerarsi da un lato positivo, dall’altro preoccupante.
Il report prevede che mediamente 134.800 laureati all’anno faranno il loro ingresso sul mercato del lavoro tra il 2018 e il 2022, numero ben al di sotto di un fabbisogno medio di 155.600 laureati all’anno, che potrebbero salire a 175.500 nell’ipotesi di scenario “positivo”. Si prospetta quindi mediamente una carenza di circa 21.000 laureati ogni anno, che potrebbero salire a circa 41.000 unità nell’ipotesi più ottimistica.
Ciò significa, nell’arco dei 5 anni della previsione, una carenza compresa fra le 100.000 e le 200.000 unità.
Apparentemente questo dato sembra scontrarsi con il fatto che appena nel 2016 si segnalava la presenza di uno stock di laureati disoccupati nell’ordine delle 350.000 unità (pari a circa 2 volte e mezzo il numero medio di neo-laureati in ingresso ogni anno sul mercato del lavoro), fatto che porterebbe a dire che nell’arco di alcuni anni la carenza segnalata potrebbe non presentarsi, e che il livello della domanda, dovendo necessariamente attingere al “bacino” dei disoccupati, consentirebbe di riportare la disoccupazione dei laureati al di sotto dei valori pre-crisi. Questa considerazione ha però solo una valenza essenzialmente “algebrica”. Essa può infatti essere messa in discussione chiedendosi se la corrispondenza numerica trova riscontro nella corrispondenza qualitativa, vale a dire se i laureati già presenti sul mercato del lavoro e quelli che vi entreranno nei prossimi anni, hanno o avranno le caratteristiche richieste, innanzitutto per indirizzo di studio, ma anche per distribuzione territoriale e secondo altre caratteristiche e competenze personali e professionali che le imprese e il mondo del lavoro in genere richiedono.
Semplificando, servono laureati ma in determinati, precisi ambiti. Quali?
Il report dice anche questo.
Innazitutto, tra il 2018-2022, il fabbisogno di laureati da parte dell’intero sistema economico nazionale raggiungerà le 778.000 unità, per una media annua di 155.600 unità, di cui il 42% relativo a lavoratori dipendenti nel settore privato, per un terzo da lavoratori dipendenti nel settore pubblico e per un quarto da lavoratori indipendenti. All’interno di questi tre grandi aggregati i laureati saranno il 21% del totale nel settore privato, il 71% in quello pubblico e il 31% nel lavoro indipendente, per una media del 30%, vale a dire poco meno di un terzo del totale.
Tra questi:
- il 25% riguarderà i laureati dell’area economico-sociale,
- il 24% riguarderà laureati dell’area umanistica (compresi i laureati dei “gruppi” scienze motorie, insegnamento, letterario, linguistico e psicologico
- 18% riguarderà l’area ingegneria-architettura
- 18% area medico-sanitaria
- decisamente inferiore il fabbisogno dei laureati delle ultime due aree disciplinari: quella scientifica (pari all’8%), e quella giuridica (7%)
Il rapporto tra il fabbisogno di laureati e l’offerta di neo-laureati in ingresso sul mercato del lavoro presenta una elevata variabilità a seconda degli indirizzi di studio.
Per esempio, per i laureati dei gruppi economico-statistico, il rapporto tra il fabbisogno (del mercato del lavoro) e l’offerta (di laureati) è pari a 1,6, nonché per quello scientifico-matematico-fisico (1,48) e per quello sanitario e paramedico (1,4). Al tempo stesso, non sarà facile attenuare l’eccesso di offerta che oltre all’indirizzo geo-biologico, riguarderà in particolare gli indirizzi chimico-farmaceutico, linguistico, politico-sociale e medico-odontoiatrico, per i quali i neolaureati superano il fabbisogno previsto in una misura che va da circa il 10% a circa il 40%. Le situazioni di maggiore equilibrio riguarderanno gli indirizzi letterario-psicologico, giuridico e architettura (con valori molto vicini all’unità), mentre un rapporto nell’ordine di 1,17 (quindi un eccesso di domanda non troppo accentuato) si prevede per l’indirizzo ingegneria (che peraltro potrebbe essere assai diversificato al suo interno, con un probabile forte eccesso di domanda per ingegneria industriale e ingegneria elettronica e un probabile eccesso di offerta per ingegneria civile).
Per approfondire leggi il rapporto integrale.