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Secondo colloquio di lavoro: domande frequenti e come prepararsi per affrontarlo al meglio



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La seconda job interview non ha lo scopo di mettere i candidati in difficoltà, ma di capire se, una volta superata la soglia dell’ingresso, si è davvero le persone giuste con cui costruire qualcosa nel tempo. Non esistono risposte perfette, ma feedback autentici, ragionati e coerenti. Alcuni consigli che possono tornare utili

Pubblicato il 26 mar 2025



Secondo colloquio di lavoro

Se stai leggendo questo articolo, con buone probabilità hai già superato la prima selezione per un’opportunità lavorativa. Il che è, diciamolo, un risultato tutt’altro che scontato. In un mercato del lavoro sempre più competitivo, soprattutto per chi si affaccia per la prima volta nel mondo professionale, ricevere la chiamata per un secondo colloquio di lavoro è un segnale chiaro: stai giocando bene le tue carte. Ma proprio perché sei arrivato a questo punto, ora il gioco si fa più serio. Il secondo colloquio di lavoro è molto più di un semplice “step successivo”: è una fase decisiva, una stretta di mano tra aspettative, conferme e, spesso, nuove sorprese.

Cosa significa essere richiamati per un secondo colloquio

Partiamo da un punto fondamentale: se sei stato richiamato, significa che hai superato una prima scrematura importante. Questo significa che il tuo profilo ha destato interesse, le tue risposte hanno convinto e, soprattutto, l’azienda vuole conoscerti meglio.

Non si tratta più di “vediamo se questo profilo può andare bene”, ma di “valutiamo se questa persona è davvero quella giusta per noi”. Cambia il tono, cambiano le aspettative e, spesso, anche gli interlocutori. Mentre il primo colloquio è quasi sempre gestito dal team HR o da un recruiter esterno, nel secondo potresti trovarti di fronte a chi sarà il tuo responsabile diretto, o addirittura il manager del team in cui entrerai a far parte se verrai selezionato.

In altre parole, sei entrato nella short list.

Le differenze con il primo colloquio: più tecnico, più personale, più strategico

Chi ha vissuto l’esperienza di un secondo colloquio lo descrive spesso con un aggettivo preciso: “diverso”. Ed è così. Se il primo colloquio ha avuto l’obiettivo di comprendere la motivazione del candidato, la sua coerenza con la posizione, la capacità di comunicare e la conoscenza di base del ruolo, il secondo scava più a fondo.

Com’è strutturato il secondo colloquio di lavoro

Può diventare più tecnico, con domande specifiche sulle competenze pratiche richieste dal ruolo. Potrebbero chiedere di descrivere come si affronterebbe una situazione reale, o addirittura proporre un case study. Spesso il secondo colloquio di lavoro include una prova pratica, una simulazione o un test tecnico; soprattutto nei settori legati al marketing digitale, alla consulenza, all’IT e all’analisi dei dati, la tendenza è sempre più diffusa.

Ma non è tutto. Il secondo colloquio è anche più personale. Non nel senso che verranno chieste informazioni “intime” o “inappropriate” (e se accade, è un campanello d’allarme), ma perché chi hai davanti vorrà capire chi sei davvero. Come lavori in team? Che tipo di comunicatore sei? Come reagisci allo stress, al feedback, al conflitto? Il concetto è semplice: le competenze si imparano, la personalità molto meno.

Il secondo colloquio è anche strategico: qui si gioca la negoziazione implicita: quanto vali, quanto puoi dare, quanto sei disposto a investire in quella realtà. E viceversa, quanto l’azienda è disposta a investire sul candidato.

Come prepararsi: studio, autenticità e intelligenza emotiva

Prepararsi a un secondo colloquio non significa soltanto ripassare le stesse risposte date nel primo. Significa fare uno step in più. Un approfondimento.

Il primo passo è lo studio. E non solo dell’azienda (anche se quello è fondamentale), ma anche e soprattutto della job description, che va letta (e riletta) con attenzione, parola per parola. Spesso, tra le righe, si nascondono indizi importanti su cosa aspettarsi. Se, ad esempio, viene richiesto “spirito imprenditoriale” o “capacità di prendere decisioni rapide”, sappi che potresti ricevere domande mirate su situazioni in cui hai dovuto mostrare proprio queste qualità.

Studia anche chi ti intervisterà. Se hai ricevuto l’invito via mail, prova a capire con chi parlerai. Una rapida ricerca su LinkedIn può aiutarti a comprendere il suo background, il suo stile comunicativo, e perfino i suoi interessi professionali.

Poi, autenticità. Sembra banale, ma non lo è. Nel secondo colloquio, spesso, chi seleziona ha un intuito molto affinato. Se percepisce che stai recitando o cercando di compiacere troppo, la fiducia potrebbe incrinarsi. Questo non significa essere ingenui o raccontare ogni debolezza: significa mostrarsi nella versione più professionale e vera di sé.

Infine, l’intelligenza emotiva. Non si allena solo leggendo libri, ma anche imparando a gestire lo stress, a leggere i segnali non verbali, a modulare la propria comunicazione in base all’interlocutore. Tutto questo è fondamentale nel secondo colloquio. Secondo Daniel Goleman, uno dei maggiori esperti mondiali in materia, l’intelligenza emotiva è proprio uno dei principali indicatori di successo nel mondo del lavoro. Le aziende lo sanno e cercano candidati che la possiedano.

Le domande più frequenti nel secondo colloquio: quali sono e come rispondere

Ma cerchiamo di approfondire le possibili domande che vengono poste durante il secondo colloquio di lavoro. Se nel primo incontro il focus era più generale – sul curriculum, sulle esperienze pregresse e sulla motivazione – nella seconda job interview le domande diventano spesso più mirate, più sfidanti e più orientate alla verifica concreta della tua compatibilità con il ruolo e con l’ambiente lavorativo.

Conoscere in anticipo il tipo di domande che potresti ricevere ti permette non solo di Vediamole da vicino.

“Puoi raccontarci un episodio in cui hai affrontato una difficoltà lavorativa e come l’hai risolta?”

Questa domanda, che rientra nel cosiddetto approccio “behavioral” (comportamentale), serve a testare la tua capacità di Problem Solving, ma anche il tuo modo di gestire lo stress, di collaborare con gli altri e di trarre insegnamento dalle sfide. Il consiglio qui è utilizzare la tecnica STAR (Situazione, Task, Azione, Risultato), che ti aiuta a costruire una risposta ordinata e concreta. Non servono racconti epici, basta una situazione reale, anche piccola, ma ben raccontata.

“Come ti comporteresti se dovessi lavorare con una persona con cui non vai particolarmente d’accordo?”

Dietro questa domanda c’è il desiderio di capire se sei in grado di lavorare in gruppo, se sai gestire i conflitti in modo maturo e se sei in grado di mantenere la professionalità anche in contesti complessi. Rispondere dicendo “non ho mai avuto problemi con nessuno” può suonare poco credibile; meglio riconoscere che le difficoltà esistono, ma che sai affrontarle con ascolto, chiarezza e rispetto reciproco.

Sul fronte tecnico, potresti sentirti chiedere:

“Come affronteresti questo progetto?” oppure “Quali strumenti useresti per raggiungere questo obiettivo?”

In questi casi, non si aspettano che tu sappia già tutto, ma vogliono vedere il tuo approccio, la tua capacità di ragionare, la logica dietro le tue scelte. Se non conosci una tecnologia o uno strumento, ammettilo, ma spiega come ti muoveresti per colmare il gap. La trasparenza, unita alla voglia di imparare, è sempre apprezzata.

Poi ci sono le domande legate al “fit culturale”, cioè alla compatibilità con i valori e lo stile dell’azienda. Una delle più classiche è:

“Perché vuoi lavorare proprio con noi?”

Qui è fondamentale andare oltre la risposta generica (“perché siete una realtà innovativa”) e dimostrare di aver davvero studiato la realtà aziendale. Fai riferimento a un progetto che ti ha colpito, a una testimonianza di un dipendente, a un valore aziendale che senti tuo. Mostra che ti sei informato e che hai scelto consapevolmente di candidarti lì.

Infine, una domanda che arriva spesso nei secondi colloqui, e che può cogliere di sorpresa, è:

“Hai domande per noi?”

Non è una formalità. È un momento cruciale per dimostrare il tuo interesse, la tua curiosità, il tuo spirito critico. Evita domande su ferie o benefit in questa fase, a meno che non vengano introdotti dall’intervistatore. Concentrati piuttosto su aspetti legati al ruolo: “Quali sono le sfide principali che questa posizione dovrà affrontare nei prossimi sei mesi?”, oppure “Com’è strutturato il percorso di onboarding per una nuova risorsa nel team?”. Domande di questo tipo mostrano maturità e orientamento al risultato.

Ricorda: le domande del secondo colloquio non hanno lo scopo di metterti in difficoltà, ma di capire se, una volta superata la soglia dell’ingresso, sei davvero la persona giusta con cui costruire qualcosa nel tempo. Non esistono risposte perfette, ma esistono risposte autentiche, ragionate e coerenti con chi sei.

E se ti chiedono aspettative economiche? Come rispondere alle domande sul compenso

Nel secondo colloquio può emergere un tema che nel primo è stato lasciato volutamente in sospeso: il compenso. È un argomento delicato, ma è anche una parte inevitabile della conversazione.

Se ti chiedono quali sono le tue aspettative economiche, non farti trovare impreparato. Informati prima: esistono diversi siti (come Glassdoor, Payscale, o anche gli annunci pubblicati da aziende simili) che offrono una panoramica realistica degli stipendi medi per quella posizione, in quella città, con quel livello di esperienza.

Dare una fascia è sempre meglio che fornire una cifra secca. Ad esempio: “Mi aspetto un range tra i 28mila e i 32mila euro annui, in linea con il ruolo e con le responsabilità previste. Ma naturalmente sono disponibile a discuterne nel contesto di un’offerta più ampia”. È un modo per essere trasparenti, ma anche flessibili.

Cosa fare (e non fare) dopo un secondo colloquio di lavoro

Usciti dal secondo colloquio, spesso si alternano due emozioni: euforia o ansia. Entrambe sono normali. Ma la partita non è ancora finita. Inviando un messaggio di ringraziamento, entro 24 ore, puoi rafforzare la tua candidatura. Non è piaggeria, è professionalità. Ringrazia per l’opportunità e, se puoi, fai riferimento a un momento particolarmente interessante della conversazione.

Infine, non lasciarti consumare dall’attesa. Le aziende impiegano tempo per decidere. Non tutti rispondono in tempi rapidi, ma questo non significa che il tuo profilo non sia più in corsa. Se dopo due settimane non hai ricevuto notizie, un follow-up cortese è assolutamente legittimo.

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