Siamo in compagnia di Alessandro Lacroce che nel 2013 ha fondato, insieme alla sua socia Martina Gianfreda, la startup “WhatWapp”, piattaforma mobile di giochi tradizionali più popolari.
Ciao Alessandro! Di cosa si occupa la tua startup?
WhatWapp è una società nata nel marzo del 2013 e si occupa principalmente di videogiochi su piattaforme mobili. I giochi che facciamo sono tutti legati alla tradizione del Paese a cui ci rivolgiamo. In Italia offriamo giochi di carte come Scopa, Briscola e Tressette, dunque i principali giochi che rappresentano la tradizione italiana.
È una applicazione che ha successo anche in altre Nazioni?
I giochi di maggior successo sono giochi Italiani che però vengono utilizzati in tutto il mondo. Abbiamo utenti in America, Sudamerica, Australia ed altri Paesi. Tuttavia la maggior parte di questi giochi sono utilizzati da nativi italiani o figli di nativi italiani quindi il pubblico per il momento è principalmente italiano.
Quando hai deciso di far nascere WhatWapp e soprattutto come hai intuito che i giochi italiani potessero avere una diffusione mondiale?
È nato tutto un po’ per passione, nel senso che a me piaceva programmare e ho pensato che non ci fosse modo migliore di fare giochi se non mettersi proprio ad inventare un gioco per Android. All’epoca, tra l’altro, era appena stato lanciato Android da parte di Google. Rispetto alle grandi società o multinazionali avevo il vantaggio di conoscere una nicchia di mercato, quella del mercato italiano, e di sapere quali giochi fossero molto forti in Italia. Da questa consapevolezza sono partito, individuando nei giochi di carte il maggior potenziale e ho deciso di sperimentare in quell’ambito. Fortunatamente è andato tutto bene e sia io che la mia socia Martina Gianfreda abbiamo deciso di fondare la società e da lì siamo cresciuti ed ora siamo ormai una decina di persone a seguire questo progetto.
Ci sono stati dei momenti difficili, soprattutto in fase iniziale o diciamo che “è filato tutto liscio”?
I momenti difficili ci sono tanto all’inizio quanto più avanti. La parte più difficile forse è stata la decisione di abbandonare il mio lavoro e partire con questa impresa. E’ una scelta sicuramente che fa paura nel momento in cui si ha un lavoro sicuro in un periodo in cui il lavoro non è proprio all’ordine del giorno. Tuttavia è necessario per evitare di stare con un piede in due scarpe e di correre il rischio di far male entrambe le cose e non avere il giusto focus in quello che fai per passione.
In quali casi consiglieresti di abbandonare una situazione certa per andare verso un’impresa molto personale?
Quando per la tua impresa personale non dormi la notte, ti svegli e ti viene in mente come risolvere un problema attinente, come potenziarla ecc. Diciamo che quando sei immerso così tanto è la scelta giusta. Certamente esiste la possibilità che vada male, ma è un’esperienza che devi fare per crescere a livello professionale e personale.
Quali sono le prospettive future, vuoi estendere il range di prodotti o vuoi espanderti verso altri mercati?
Per il 2016 abbiamo in progetto quello di rifare alcune delle nostre applicazioni di punta con un cambio di business model. Attualmente i nostri ricavi sono basati principalmente sull’advertising e i giochi sono gratuiti: la gente gioca e vede delle pubblicità ogni tanto. Quello che vogliamo fare è lanciare le versione di Scopa, Briscola e Tressette con un nuovo business model, in particolare introdurre monetine virtuali che gli utenti potranno usare per accedere ai vari giochi e poi una volta finite potranno scegliere se aspettare il giorno dopo o fare un acquisto in app, seguendo dunque uno dei modelli classici nel mondo mobile. Questo verrà fatto bella prima fase dell’anno, dopodiché ci concentreremo anche sull’estero. Abbiamo individuato dei mercati strategici molto simili all’Italia, come ad esempio Francia e Brasile, e andremo a programmare altri giochi molto famosi in quei mercati. Andremo a sfruttare quindi la nostra expertise acquisita in questi anni nel mercato italiano per entrare negli altri mercati europei ed esteri.
Come ci si informa nel tuo ambito, come fate a comprendere quali sono le abitudini di gioco nei vari paesi?
Si parte utilizzando degli strumenti esterni. Nel nostro caso abbiamo un sito di riferimento che ci fornisce informazioni spanno metriche sulle entrate e download ed il volume d’affari ideale per un determinato mercato. Monitoriamo inoltre per un periodo di tempo alcune applicazioni che possono avvicinarsi al target di utenza che vogliamo inquadrare noi; se queste applicazioni performano in modo adeguato decidiamo che è un mercato che ci interessa esplorare. A quel punto parte la fase di progettazione e di lancio del gioco e successivamente al lancio andiamo a verificare se tutte le assumption che abbiamo fatto nella fase di brainstorming sono vere oppure no. Quando sono vere-cosa molto rara- si procede; quando non sono vere si cerca di capire quale sia l’errore e come si possa sistemare il flusso di gioco o la sua dinamica. In questo modo si prova e si verifica. È un try and fail continuo, non c’è una soluzione preimpostata. Certo, ci sono delle best practices ma sono molto inquadrate in determinate verticali.
Hai avuto necessità di finanziamenti?
Noi abbiamo avuto la fortuna di essere profitable il primo giorno quindi per il momento non c’è stata ancora la necessità di chiedere un finanziamento. Stiamo valutando internamente se per il passaggio all’estero sia necessaria la richiesta di fondi esterni o se possiamo continuare a camminare sulle nostre gambe.
Soprattutto nella fase iniziale spesso si cercano finanziamenti prima ancora di avere in cantiere il progetto. Pensi che sia una pratica sbagliata?
Certamente, anche perché comunque avere un’altra persona a cui riferire è un impegno che devi togliere alla realizzazione del prodotto. Solitamente invece una buona startup nasce da una persona che ha un’idea, giusta o sbagliata che sia, e che decide di presentarla a qualcuno. Se poi quel qualcuno crede nell’idea si parte. Avere già un prototipo o quanto meno un mock up di ciò che si vuole realizzare aiuta a convincere l’altra persona e partire insieme a te piuttosto che imporre fin da subito la presunta genialità e infallibilità dell’idea pura e semplice.
Parlami del tuo background scolastico. Avevi altre passioni che in qualche modo hanno influenzato l’idea di entrare nel mercato dei giochi mobile?
Sono laureato in ingegneria informatica al politecnico di Milano ed ugualmente la mia socia Martina Gianfreda, mia compagna di studi. La passione che mi ha portato qui era chiaramente quella per i videogames e per i giochi tradizionali. Abbiamo unito entrambe le cose ed alla fine è stato semplice scegliere l’ambito in cui provare questa avventura di startupper.
Si può dire dunque che vi siete improvvisati dal punto di vista manageriale?
Certo, è tutto un esperimento! All’inizio siamo partiti solamente in due, poi cominciando a crescere emerge la necessità di assumere e dunque capire come si gestisce un’impresa più grande. Diciamo che si parte con le proprie conoscenze e poi si fa esperienza e si migliora pian piano.
Vorrei concludere chiedendoti se vuoi raccontarmi dei momenti in cui sei stato veramente orgoglioso di aver fatto qualcosa di tuo, un momento memorabile della tua esperienza da giovane imprenditore.
Ci sono un po’ di eventi di questo tipo. Io considero la vita di un imprenditore come una vita piena di eventi negativi e poi l’evento positivo sporadico che ti riporta l’umore in alto. Sono questi singoli eventi che ti fanno continuare e ti danno la voglia di fare ancora meglio.
Il primissimo evento che può definirsi di forte autostima è un giorno in treno a bordo del quale c’era una persona seduta davanti a me che giocava al cellulare ad uno dei nostri giochi. Ero euforico al massimo: ho preso il cellulare ed ho fatto una foto e l’ho mandata a Martina. Un altro più recente è che da qualche mese siamo stati selezionati da Google come top developer. Avere un riconoscimento da parte di una società come Google e far parte dei top è un successo che ti riempie di gioia e orgoglio.