Abbiamo fatto una chiacchierata con i ragazzi di Digimind, il team finalista dello Student Contest di MindSphere, che ha realizzato un progetto inerente all’Industria 4.0. Get inspired!
L’unione fa la forza, anche a distanza. Con queste parole si può riassumere l’esperienza dei ragazzi del gruppo Digimind, selezionati tra i cinque team di finalisti dello Student Contest indetto da MindSphere World – Associazione che promuove la digitalizzazione del comparto industriale – insieme al Laboratorio Industria 4.0 “Marco Garetti” del Dipartimento di Ingegneria Gestionale del Politecnico di Milano e alla Fondazione Politecnico di Milano.
Digimind, focus sull’iniziativa dello Student Contest
Si tratta di un’iniziativa che punta a formare i futuri ingegneri attraverso laboratori pratici. In particolare, nello Student Contest è stata messa a disposizione dei ragazzi la piattaforma MindSphere, una piattaforma che integra IoT, Industrial Edge, Cloud computing e sviluppo software con strumenti “low-code”, permettendo l’elaborazione strategica dei dati per trasformarli in servizi per l’Industria 4.0.
Ma adesso vi presentiamo meglio i ragazzi del team Digimind.
Loro sono Pedro Luis Bacelar De Santos, Alex Chalissery Lona, Andrea Bellotti, Luiz Felipe de Ramos e Felipe Bagni, cinque studenti che si sono incontrati e conosciuti all’interno del Politecnico di Milano, – dove frequentano corsi di Ingegneria Gestionale e Master – che hanno deciso di mettere insieme idee, voglia di fare e competenze, candidandosi al contest con un progetto realizzato completamente da zero.
Abbiamo fatto una lunga chiacchierata per farci raccontare meglio il loro percorso e, soprattutto, conoscere il “dietro le quinte” del lavoro svolto, anche a distanza!
«A noi, ad esempio, ci ha affascinato l’idea di portare avanti un’attività che andasse oltre il tradizionale percorso universitario. Abbiamo accolto l’iniziativa come una possibilità di calare nella pratica tutto lo studio teorico e le nozioni acquisite durante gli anni di lezione. Non solo, ci dava anche modo di aggiungere nuove skill alle nostre competenze, perché il contest prevedeva l’utilizzo di MindSphere, una piattaforma che anche guardando al futuro potrebbe essere utile conoscere e saper maneggiare».
Ci spiegate in cosa consiste Digimind?
Lo Student Contest chiedeva ai quattordici gruppi partecipanti di trovare un’idea relativa all’Industria 4.0 che potesse poi essere messa a servizio dell’utente finale. Ed è così che è nato Digimind.
«Il nostro progetto si basa sulla realizzazione di un vero digital-twin: presa una industria se ne crea un gemello digitale. La nostra idea è di creare uno strumento che attraverso il machine learning riesca a calcolare in tempo reale il Remaining Cycle Time, che è il tempo rimasto per arrivare a compimento del prodotto finito, dall’inizio alla fine, anche in caso di imprevisti come guasti o rallentamenti di qualsiasi genere e tipo. L’obiettivo è definire il miglior percorso per concludere il processo nel minor tempo possibile.
Inoltre, in real time è possibile raccogliere una serie di statistiche e dati che consentono di monitorare e analizzare la produzione, e quindi tenerla costantemente sotto controllo. In estrema sintesi, il valore aggiunto del nostro progetto è migliorare e aumentare la produzione, anche in caso di guasto grazie alla possibilità di ricalcolare in tempo reale il percorso migliore tra i tanti possibili».
Come ha preso forma il progetto?
Prima di mettere le mani in pasta, il team ci ha raccontato di aver realizzato un vero e proprio piano d’attacco. L’obiettivo “pratico” era arrivare alla prima fase di selezione con una presentazione e un discorso coerenti per presentare il progetto alla giuria che avrebbe, poi, scelto i migliori lavori. «Per questa prima parte della challenge ci siamo letteralmente divisi i compiti, anche in base alle capacità e conoscenze pregresse di ognuno».
Andrea si è occupato della parte di benchmarking, per capire se effettivamente esistesse già sul mercato un’idea simile, ma anche delle valutazioni a livello economico per capire gli sviluppi e le implicazioni dell’idea; a Pedro e Alex la responsabilità di gestire la realizzazione tecnica; quindi, di capire come trasformare l’idea in qualcosa di concreto; Luiz e Felipe hanno avuto il ruolo di valutare la fattibilità tecnica in generale.
«Ci trovavamo nelle aule universitarie o all’interno del laboratorio di ingegneria meccanica del Politecnico. Per ottimizzare al meglio i tempi ci davamo delle scadenze e facevamo in modo di riunirci almeno due volte a settimana (per la fase iniziale) in particolar modo la sera, dopo le lezioni. È stato impegnativo ma comunque fattibile. Conoscevamo molti dei nostri competitor, tutti molto bravi e capaci, e per questo abbiamo capito che dovevamo darci da fare per creare qualcosa di davvero bello e interessante».
Quali strumenti avete utilizzato?
Dai post-it alla black box a Miro, la lavagna multimediale condivisa per definire tutti gli input e gli output e avere un quadro ben chiaro delle risorse necessarie, degli obiettivi da raggiungere e del risultato da ottenere. Come qualunque fase di brainstorming che si rispetti, i ragazzi si sono serviti di diversi tool per mettere insieme i tasselli, organizzare le idee e dare loro una struttura coerente.
«Dovendo essere un’idea da sviluppare da zero e costruire step-by-step, abbiamo fatto ricorso a diversi strumenti che ci hanno supportato durante i momenti di brainstorming. Tanti di questi sono arrivati da Pedro, l’esperto di “lavoro in team”, che ci ha fatto da guida, offrendoci delle best practice per rendere davvero efficiente il lavoro di squadra. Lui è stato il nostro mentore, il nostro leader».
Qual è stato il bello di portare avanti il progetto?
«Credevamo nel nostro progetto e volevamo che in qualche modo anche gli altri potessero apprezzarlo. Una cosa bella che ci è veramente piaciuta e su cui ci siamo trovati d’accordo è stato sapere che stavamo portando avanti un qualcosa di “serio”, che andava oltre i progetti universitari e che i nostri coetanei non stavano facendo. Questa consapevolezza in qualche modo ci ha stimolati anche durante i momenti di black-out (che chiaramente ci sono stati)».
Dal loro racconto ci siamo resi conto che i ragazzi sono stati la mente pensante del progetto, ma durante il percorso non sono mancate le occasioni di “chiedere aiuto” anche a persone esterne che, con un consiglio o semplicemente un occhio esperto, hanno contribuito ad aggiungere valore alla loro idea. Ad esempio, alla presentazione in Power Point del progetto, hanno deciso di allegare un video e per realizzarlo hanno chiesto il supporto di una loro amica designer.
Pedro ha poi raccontato che durante la fase di ideazione di Digimind si è trovato spesso a parlare con dei professori che hanno in qualche modo impersonificato la figura del mentore.
«Io e Alex stavamo già lavorando a un problema simile sul Digital Twin nel laboratorio Lego Factory del Politecnico di Milano. Lì abbiamo avuto la possibilità di entrare in contatto con i nostri tutor, il prof. Andrea Matta e il Dott. Giovanni Lugaresi. Erano quelli a cui mostriamo le nostre idee, raccogliamo preziosi feedback dalla loro vasta esperienza e otteniamo anche una breve comprensione dei limiti tecnologici a livello di implementazione. Anche l’accesso al laboratorio è stato un grande cambiamento. In laboratorio, utilizzando il sistema lego, è possibile simulare e testare le idee in modo più flessibile e veloce».
E se vi chiedessimo cosa vorreste fare da grandi?
Partiamo da Andrea.
«Credo che ognuno di noi veda davanti a sé percorsi diversi per il futuro. A me ultimamente affascina molto il mondo della finanza, anche se l’interesse per questi argomenti rimane molto forte».
«Sono sempre stato appassionato di innovazione e imprenditorialità. Tornato in Brasile, ho già avuto alcune esperienze sviluppando alcuni progetti per aziende e persino provando a lanciare alcune startup spin-off, ecco perché ero così interessato alla sfida MindSphere – ha raccontato Pedro -. Quindi, per il futuro, spero di continuare in questo percorso di imprenditorialità, creando le mie startup e attività legate agli sviluppi high tech».
Ecco invece cosa ci ha detto Alex. «Sono profondamente interessato all’ingegneria di produzione, in particolare con il coinvolgimento dei gemelli digitali per i sistemi di produzione e produzione. Credo che i servizi di produzione intelligenti, digitali e sostenibili siano il futuro ed è lì che vorrei essere. Non vedo l’ora di avere la mia futura carriera in questo percorso».
Qual è il valore di essere in un’università che permette di fare questo tipo di esperienze?
«Da parte nostra non sono mancati lo spirito di iniziativa e la volontà di fare, ma tutto è stato possibile grazie al Politecnico di Milano che promuove spesso e dà visibilità a challenge e progetti di questo tipo che permettono agli studenti di cogliere l’opportunità di mettersi in gioco. Questo è ciò che a nostro avviso dà valore aggiunto all’Ateneo, oltre alla preparazione che è in grado di offrire agli studenti e alle competenze che si acquisiscono durante gli anni di formazione. La vera sfida inizia adesso, anzi sappiamo che la parte più bella deve ancora venire e sarà quella in cui vedremo il nostro progetto prendere vita».
A noi di University2Business non resta che augurarvi in bocca al lupo!