Che si voglia iniziare a lavorare come freelance, avviare una startup o offrire consulenze, aprire la Partita IVA è il primo passo (ma non l’unico) da compiere.
Sappiamo bene quanto l’ingresso nel mondo del lavoro sia un momento entusiasmante e, al tempo stesso, ricco di sfide (e, diciamocelo, punti interrogativi). Tra le tante questioni da affrontare, una delle più importanti per chi decide di lavorare in modo autonomo è proprio la Partita IVA.
Ma di cosa si tratta esattamente? A cosa serve? Ma soprattutto, quali sono i costi e i passaggi necessari per aprirla? Vediamolo insieme! Prima, però, facciamo un piccolo step back per capire cos’è una Partita IVA.
Cos’è una Partita IVA e a cosa serve
La Partita IVA è un codice numerico che identifica univocamente una persona o un’azienda che svolge attività economiche rilevanti ai fini fiscali. In altre parole, è un “codice fiscale” specifico per chi produce reddito attraverso un’attività professionale, imprenditoriale o commerciale.
Ogni Partita IVA è composta da 11 cifre:
- le prime 7 identificano il titolare;
- le successive 3 rappresentano il codice dell’ufficio dell’Agenzia delle Entrate;
- l’ultima cifra è un numero di controllo.
È necessaria per emettere fatture, gestire le entrate e dichiarare i redditi prodotti attraverso l’attività svolta. Ma non solo: è, infatti, indispensabile per adempiere agli obblighi fiscali, come il pagamento dell’IVA (Imposta sul Valore Aggiunto) e delle altre tasse previste dalla legge.
Quindi, chi lavora o decide di lavorare come freelance, consulente, artigiano, commerciante o avvia una startup dovrà necessariamente considerare l’apertura della Partita IVA per operare in regola.
Tipologie di Partita IVA e scelta del regime fiscale
Uno degli aspetti più importanti è scegliere il regime fiscale più adatto, che dipende dal tipo di attività, dal volume d’affari previsto e dalle prospettive di crescita.
Ecco le principali opzioni:
Regime forfettario
- È pensato per i piccoli imprenditori e professionisti;
- Limite di fatturato: 85mila€ annui (dal 2023);
- Tassazione agevolata con un’imposta sostitutiva del 15% (ridotta al 5% per i primi 5 anni in determinate condizioni);
- Non prevede l’addebito dell’IVA in fattura;
- Semplificazioni amministrative: niente obbligo di tenuta della contabilità ordinaria (un metodo più complesso e dettagliato rispetto alla contabilità semplificata. In pratica, la contabilità ordinaria prevede la registrazione di ogni singola operazione aziendale – acquisti, vendite, spese, entrate – su libri contabili obbligatori, come il libro giornale e il libro mastro, e l’elaborazione di bilanci completi (stato patrimoniale e conto economico)).
ATTENZIONE, novità 2025: dal 1° gennaio, per i contribuenti forfettari viene eliminato il limite massimo di 400 euro per l’utilizzo della fattura semplificata. Questo significa che anche operazioni di importo superiore potranno essere documentate con un formato meno complesso, purché il soggetto emittente sia in regime forfettario. In questo caso, i contributi fissi obbligatori da pagare all’INPS ogni anno saranno ridotti della metà (parliamo di circa 2.200 euro).
Regime semplificato
- Adatto alle piccole imprese e ai professionisti che superano i limiti del regime forfettario ma non vogliono adottare la contabilità ordinaria;
- Prevede la contabilità semplificata, con obbligo di registrare solo le entrate e le uscite principali;
- Tassazione secondo le aliquote IRPEF progressive;
- IVA: è necessario applicarla e versarla secondo i termini previsti dalla legge.
Regime ordinario
- È obbligatorio per chi supera i limiti di fatturato previsti dal regime forfettario;
- Prevede la contabilità completa, con la registrazione di tutte le operazioni economiche;
- L’imposta sul reddito è calcolata secondo le aliquote IRPEF progressive.
Quando è obbligatorio aprire una Partita IVA?
Per farla breve, l’apertura della Partita IVA è obbligatoria quando l’attività da svolgere ha le seguenti caratteristiche:
- Continuità: non si tratta di un’attività occasionale, ma regolare e abituale;
- Autonomia: lavori senza un rapporto di subordinazione;
- Scopo di lucro: generi un reddito.
Se, invece, si svolge un lavoro occasionale e i guadagni non superano i 5mila € annui, puoi operare con una ritenuta d’acconto senza dover aprire una Partita IVA. Tuttavia, superata questa soglia o nel caso di un’attività continuativa, l’apertura diventa obbligatoria.
Come aprire la Partita IVA
Il primo passo consiste nel presentare all’Agenzia delle Entrate il modulo di apertura della Partita IVA, che varia a seconda del tipo di attività (modello AA9/12 per persone fisiche o AA7/10 per società). La richiesta può essere effettuata online, tramite il portale dell’Agenzia delle Entrate, oppure presso uno degli sportelli fisici. Durante questa fase è necessario scegliere il codice ATECO che identifica l’attività economica svolta e, per alcune attività, potrebbe essere richiesto l’avvio di ulteriori pratiche, come l’iscrizione alla Camera di Commercio (obbligatoria per artigiani e commercianti).
Cos’è il codice ATECO
Il codice ATECO è un sistema di classificazione utilizzato in Italia per identificare e catalogare le attività economiche in base alla loro natura. Ogni codice ATECO è composto da una sequenza numerica e, in alcuni casi, alfabetica, che descrive in modo dettagliato il settore e il tipo di attività svolta. Ad esempio, un codice ATECO come “47.11.00” indica il commercio al dettaglio in supermercati e negozi di alimentari.
Questo codice è fondamentale per molte ragioni: serve all’Agenzia delle Entrate per classificare l’attività al momento dell’apertura della Partita IVA, è utilizzato per determinare il regime fiscale applicabile (ad esempio, alcuni codici ATECO beneficiano di particolari agevolazioni), ed è necessario per calcolare i contributi INPS e gli adempimenti INAIL. Inoltre, è richiesto per alcune pratiche amministrative, come l’iscrizione alla Camera di Commercio.
La scelta del codice deve essere precisa e rappresentare accuratamente l’attività svolta. Se un professionista o imprenditore cambia o amplia la propria attività, è necessario aggiornare il codice presso l’Agenzia delle Entrate. Esiste un elenco ufficiale, facilmente consultabile online, per individuare quello più adatto alla propria attività. In caso di dubbi, è consigliabile rivolgersi a un commercialista o a un consulente esperto.
A questo punto va scelto il tipo di regime (di cui abbiamo parlato sopra). Una volta aperta la Partita IVA, è necessario iscriversi alle gestioni previdenziali: per i liberi professionisti non iscritti a specifici ordini vale la Gestione Separata INPS, mentre artigiani e commercianti devono iscriversi alla gestione specifica INPS, con costi minimi fissi annuali. In ogni caso, per la gestione fiscale e contabile, è consigliabile affidarsi a un commercialista, che potrà occuparsi di dichiarazioni, fatturazione elettronica e versamento delle imposte, assicurando il rispetto degli obblighi normativi.
Quanto costa aprire e mantenere una Partita IVA?
Aprire una partita IVA in Italia, di per sé, è gratuito e può essere fatto online tramite il portale dell’Agenzia delle Entrate, ma i costi legati alla gestione e all’avvio non sono trascurabili. Per chi si affida a un commercialista, l’apertura può costare tra i 100 e i 300 euro, mentre per attività imprenditoriali è obbligatoria l’iscrizione alla Camera di Commercio, che prevede una spesa iniziale di circa 50 euro e una tassa annuale tra i 50 e i 120 euro.
Sul fronte dei contributi, i lavoratori autonomi iscritti alla gestione separata INPS versano il 25,72% del reddito imponibile, mentre artigiani e commercianti devono pagare un contributo fisso annuale di circa 4.200 euro per redditi fino a 17mila euro, con un incremento percentuale per importi superiori. A ciò si aggiungono i costi per il commercialista, che variano dai 500 ai 2mila euro l’anno, e le imposte come l’IRPEF e, se non si adotta il regime forfettario, la gestione dell’IVA.
Altra novità 2025: per chi apre Partita IVA per la prima volta nel 2025 iscrivendosi alle Gestioni INPS degli artigiani e dei commercianti è possibile richiedere la riduzione contributiva del cinquanta per cento per i primi tre anni.
Gestione separata e casse professionali: che differenza c’è
La Gestione separata INPS e le casse professionali sono i due principali sistemi previdenziali per i lavoratori autonomi in Italia, ma si applicano a categorie diverse e presentano differenze significative in termini di costi e benefici.
Gestione separata INPS
La Gestione separata è il fondo previdenziale dedicato ai liberi professionisti che non appartengono ad albi o ordini professionali con una cassa dedicata (es. consulenti, freelance, collaboratori). I contributi sono calcolati in percentuale sul reddito imponibile: nel 2025 l’aliquota è fissata al 25,72%, ridotta al 24% per i pensionati o chi ha altre coperture previdenziali. Questo sistema non prevede contributi minimi, quindi si paga solo in base al reddito effettivamente prodotto, rendendolo conveniente per chi ha redditi bassi o incostanti. Tuttavia, le prestazioni pensionistiche della Gestione Separata non sono particolarmente generose, poiché il calcolo della pensione avviene esclusivamente con il sistema contributivo.
Cassa professionale
Le casse professionali, invece, sono enti previdenziali specifici per determinate categorie di professionisti iscritti a un ordine (ad esempio, avvocati, architetti, ingegneri, medici).
Le casse sono tante e riguardano professioni piuttosto tradizionali:
- ENPAB per i biologi;
- EPAP per chimici, agronomi, attuari e geologi;
- ENPAPI per gli infermieri;
- EPPI per i periti industriali;
- ENPAP per gli psicologi;
- ENPAV per i veterinari;
- INPGI per i giornalisti;
- CNPADC per i dottori commercialisti;
- Cassa geometri;
- CNPR per ragionieri e periti commerciali;
- Inarcassa per architetti e ingegneri;
- Cassa forense per gli avvocati.
Ogni cassa ha regole proprie, ma generalmente prevede contributi minimi obbligatori, indipendentemente dal reddito prodotto, che possono variare da poche centinaia a diverse migliaia di euro l’anno. Le aliquote contributive variano a seconda della cassa, ma spesso sono superiori a quelle della Gestione Separata. Tuttavia, le prestazioni pensionistiche offerte dalle casse professionali tendono a essere più vantaggiose, grazie al sistema misto (retributivo e contributivo) ancora applicato in alcuni casi e ai servizi aggiuntivi, come indennità, assistenza sanitaria e tutele per maternità o malattia.
Quale conviene?
La scelta dipende da diversi fattori:
- Reddito: per redditi bassi o saltuari, la Gestione Separata è più conveniente perché non prevede contributi minimi, mentre le casse professionali possono risultare onerose.
- Prospettive a lungo termine: se si punta a costruire una pensione più solida e si ha un reddito stabile, la cassa professionale offre maggiori garanzie rispetto alla Gestione Separata.
- Settore professionale: chi appartiene a un ordine professionale spesso non ha scelta, poiché è obbligatoria l’iscrizione alla relativa cassa.
Obblighi, scadenze e normative per la corretta gestione della Partita IVA nel 2025
Tenere a mante alcuni aspetti e processi burocratici, così come le scadenze varie può essere un po’ complicato. Motivo per cui il consiglio è di utilizzare software di automazione della contabilità e soprattutto farsi sempre seguire dalla figura professionale del commercialista.
Ecco, però, un riepilogo dettagliato di come muoversi nel 2025:
1. Dichiarazioni fiscali e imposte
- Dichiarazione dei Redditi:
- Deve essere presentata tramite il Modello Redditi (ex Unico) e la scadenza per la trasmissione telematica è il 30 novembre 2025.
- Liquidazione e versamento IVA:
- Per chi non aderisce al regime forfettario, l’IVA va liquidata e versata trimestralmente o mensilmente. Le scadenze trimestrali per il 2025 sono: 16 aprile, 16 luglio, 16 ottobre e 16 gennaio 2026 (per il quarto trimestre).
- Saldo e acconto IRPEF/IRES:
- Il saldo relativo al 2024 e il primo acconto per il 2025 devono essere versati entro il 30 giugno 2025, mentre il secondo acconto scade il 30 novembre 2025.
2. Contributi previdenziali
- INPS (Gestione Separata o altre gestioni):
- I contributi sono calcolati sul reddito dichiarato e versati in due rate principali (entro il 30 giugno e il 30 novembre) più eventuali rate successive per i saldi.
- Casse professionali:
- Le scadenze e gli importi dipendono dalla cassa specifica, ma in genere si prevedono versamenti trimestrali o semestrali.
3. Fatturazione e adempimenti
- Fattura elettronica:
- Dal 2024 è obbligatoria per tutti, compresi i contribuenti in regime forfettario. Le fatture devono essere emesse tramite il Sistema di Interscambio (SdI) entro 12 giorni dalla data di esecuzione dell’operazione.
- Conservazione sostitutiva:
- Le fatture elettroniche devono essere conservate per almeno 10 anni in modalità digitale, con sistemi conformi alla normativa.
4. Comunicazioni periodiche
- Liquidazioni IVA (LIPE):
- Le comunicazioni delle liquidazioni IVA devono essere inviate trimestralmente. Le scadenze per il 2025 sono: 30 aprile, 31 luglio, 31 ottobre e 28 febbraio 2026.
- Esterometro:
- Le operazioni con soggetti esteri devono essere comunicate entro il mese successivo alla data di emissione della fattura o di ricezione del documento.
5. Regime forfettario
- Chi aderisce al regime forfettario (ricavi o compensi inferiori a 85.000 euro) gode di semplificazioni, come l’esonero dalla liquidazione IVA e dalla tenuta dei registri contabili, ma è comunque obbligato a:
- Tenere traccia dei ricavi e delle spese.
- Presentare la dichiarazione dei redditi entro il 30 novembre 2025.
6. Normative di settore e compliance
- Adeguamento alla normativa sulla privacy (GDPR):
- Se l’attività implica il trattamento di dati personali, è necessario rispettare le norme sulla protezione dei dati e, in alcuni casi, nominare un responsabile della protezione dati (DPO).
- Codice ATECO aggiornato:
- L’attività dichiarata con il codice ATECO deve corrispondere a quella realmente svolta; eventuali cambiamenti richiedono la comunicazione all’Agenzia delle Entrate.
- Contributo annuale alla Camera di Commercio:
- Per le attività imprenditoriali, il pagamento deve essere effettuato entro il 30 giugno 2025.
7. Sanzioni per inadempienze
Il mancato rispetto delle scadenze o degli obblighi può comportare sanzioni, come:
- Ritardo nei versamenti fiscali o previdenziali: interessi e sanzioni calcolati in base ai giorni di ritardo.
- Omessa fatturazione: sanzioni dal 5% al 10% dell’imponibile.