I dati dell’ultima ricerca di Citrix mostrano uno scollamento fra i leader d’azienda e i giovani lavoratori. Allo stesso tempo però Millennial e Gen Z potrebbero portare una crescita addizionale di 1,9 miliardi di dollari in profitti aziendali
I Millennial e i Gen Z sono la prima generazione nativa digitale e oggi costituiscono la maggioranza della forza lavoro mondiale. Si tratta di giovani lavoratori diversi dalle generazioni precedenti perché sin dalla loro nascita hanno vissuto in un modo in cui la tecnologia fa parte della quotidianità.
Per capire cosa vogliono i nativi digitali dal mondo del lavoro, e per quantificare l’impatto che possono avere sul business e sull’economia, le società di ricerca Coleman Parks Research e Oxford Analytica hanno analizzato le risposte di 1000 leader d’azienda e 2.000 lavoratori, dislocati in 10 Paesi, e sistematizzato i risultati nello studio “The Born Digital Effect“, commissionato da Citrix.
Il gap fra quello che credono i leader d’azienda e quello che vogliono i nativi digitali
La prima cosa che salta all’occhio scorgendo i risultati della ricerca è che i leader d’azienda fraintendano completamente le priorità di Millennial e Gen Z. Infatti sono erroneamente convinti che per i lavoratori più giovani contino soprattutto un ambiente di lavoro in cui si utilizzino soluzioni workspace e le opportunità di formazione.
Dai numeri invece emerge che, data l’incertezza attuale del mondo del lavoro, quello che conta di più per questa fascia d’età è la stabilità e la sicurezza della carriera (87%) e un buon work-life balance (87 %).
Inoltre, il 58% dei leader d’azienda pensa ancora che i lavoratori più giovani vogliano passare tutto o la maggior parte del loro tempo lavorativo in ufficio. Al contrario, il 90% dei nativi digitali preferisce un modello di lavoro ibrido e non vorrebbe tornare in ufficio full time dopo la pandemia. Più nel dettaglio:
- solo il 10% degli intervistati vorrebbe tornare in ufficio full time;
- il 18% vorrebbe un modello ibrido in cui il tempo sia equamente diviso tra casa e ufficio;
- il 21% sarebbe orientato verso un modello di lavoro ibrido in cui il tempo trascorso in ufficio maggiore di quello da remoto;
- ben il 51 % vorrebbe continuare a lavorare in prevalenza o completamente da remoto.
Malgrado questi numeri, va evidenziato che il 68% dei giovani lavoratori è fermamente convinto che l’interazione sociale sia fondamentale in un contesto lavorativo.
Un altro aspetto su cui emerge la distanza fra leadership e Millennials e Gen Z è quello dei valori aziendali. Mentre il 69% dei leader abbandonerebbe un’azienda priva di una visione e di valori, questa percentuale scende al 30% se a rispondere sono i giovani lavoratori. E mentre il 58% dei leader d’azienda lascerebbe un ruolo se capisse che la cultura aziendale non valorizza la loro personalità, solo il 28% dei nativi digitali farebbe lo stesso.
Anche il punto di vista sulla tecnologia è differente: ben l’81% dei giovani lavoratori usa app di messaggistica istantanea come Slack o Whatsapp per motivi di lavoro, cosa che piace all’83% degli intervistati, mentre fra i leader sono usate dal 21% e apprezzate dal 26%.
I valori di Millennials e Gen Z
Nel valutare poi se andare a lavorare o meno in un posto, secondo la ricerca ci sono 3 aspetti della cultura aziendale a cui i nativi digitali danno più valore:
- l’autonomia, o la possibilità di lavorare in un ambiente a elevato tasso di fiducia (83%);
- il riconoscimento economico delle proprie performance (81%);
- la leadership forte e visibile (79%).
Inoltre, una percentuale significativa (27%) vorrebbe poter decider quando far iniziare e finire la giornata lavorativa, mentre una minoranza vorrebbe addirittura un lavoro del tutto destrutturato o comunque result oriented (7%)
Dai dati emerge anche una percentuale (17%) che desidererebbe avere l’opportunità di lavorare 4 giorni a settimana invece dei 5 che costituiscono ancora la normalità.
In conclusione questa fascia di lavoratori mette al primo posto flessibilità e possibilità di scelta.
L’impatto dei nativi digitali sulla profittabilità delle aziende
«Attrarre e fidelizzare i nativi digitali richiederà alle organizzazioni di investire nel modello di lavoro e negli strumenti necessari per creare il workspace flessibile, efficiente e motivante che questa generazione desidera e in cui riesce a crescere», afferma Fabio Luinetti, Country Manager di Citrix Italia. «E nel fare questo, ci saranno chiari vantaggi economici».
Per quantificare questi vantaggi, Citrix ha lavorato con un team di economisti per costruire un modello che valuti l’impatto di Millennials e Gen Z sulla profittabilità delle aziende, esaminando la relazione tra le dimensioni della popolazione di nativi digitali di un paese e la profittabilità delle aziende di quel Paese. Quello che emerge è che le aziende in Paesi con una popolazione di nativi digitali sopra la media potranno vedere un incremento dei profitti equivalente a oltre l’intera capitalizzazione di mercato FTSE 100 (indice azionario delle 100 società più capitalizzate quotate al London Stock Exchange).
Fra quelli considerati dallo studio, i Paesi con sistemi educativi relativamente ben sviluppati o una popolazione giovane – per esempio USA, Cina, Emirati Arabi Uniti, Messico, UK e Olanda – stanno beneficiando più di altri della presenza di una consistente popolazione di Millennials e Gen Z, che sta aiutando ad assicurare alle aziende maggiore profittabilità, adesso e in futuro.
Al contrario, i Paesi con una popolazione relativamente più vecchia come Francia, Germania e Giappone possono ottenere risultati migliori investendo nell’educazione superiore e in infrastrutture digitali, cercando attivamente giovani lavoratori e adattando i loro spazi e i loro modelli di lavoro alle nuove necessità.