Quanto influiscono i risultati dei compagni di classe o dei colleghi sul nostro operato? Secondo la teoria motivazionale dello studioso John Stacey Adams, la soddisfazione nei rapporti interpersonali in ambito lavorativo è determinata dalla distribuzione più o meno equa delle risorse. La teoria prende in considerazione molte caratteristiche, come l’abilità, la determinazione o il sacrificio personale, che sono spesso fulcro di confronti fra studenti e colleghi.
Fin dalle prime esperienze scolastiche, molti individui si ritrovano a competere con i propri compagni per raggiungere al meglio, oppure per primi, un determinato obiettivo posto da un superiore. Queste prime esperienze di vita vengono spesso stimolate dagli stessi insegnanti e genitori, i quali intuiscono che una competizione sana, trattandosi di bambini, non possa che essere positiva.
Crescendo, le occasioni di confronto si moltiplicano e per alcuni la gara con il proprio pari diventa meccanismo necessario per dare il massimo in determinati compiti.
La competizione è sana nel momento in cui rispetta alcuni presupposti indispensabili.
Innanzitutto il confronto deve verificarsi tra pari, oppure tra ranghi con un dislivello molto leggero. In caso contrario, possono verificarsi due casistiche che lo rendono inefficace o addirittura deleterio. La prima è nel confronto con una figura che sia eccessivamente al di sopra della nostra posizione, oppure che occupi un posto poco superiore ma in ambito non pertinente alla nostra mansione. In questo caso infatti, nel vedere l’ovvio successo dell’altro e rispecchiandoci in risultati poco lusinghieri in confronto, finiremmo per imbatterci nella sensazione di un fallimento. D’altronde però non è da sottovalutare la casistica opposta, ovvero la competizione con un proprio inferiore. Essa infatti rischia di far sembrare il lavoro così semplice da farci produrre un risultato mediocre.
In secondo luogo, la competizione non deve sfiorare ambiti strettamente personali, come ad esempio la ricerca del partner o il possesso di una dimora. Infatti, questo tipo di raffronti porta unicamente a situazioni imbarazzanti o addirittura frustranti, proprio perché ci sono sfere così intime da non permettere ad una persona di paragonare la sua situazione a quella di un’altra. In questa tipologia di confronti, dalla competizione si passa all’invidia, la quale per antonomasia non è mai una sensazione positiva.
Inoltre, ogni individuo ha dei parametri differenti su cui basarsi, perciò se noi invidiamo le centinaia di viaggi che il nostro vicino fa in giro per il mondo, magari lui brama i nostri abiti firmati che non può permettersi proprio perché costretto a viaggiare per esigenze personali!
E’ indispensabile anche il presupposto di rispettare le giuste regole della competizione, ovvero la lealtà e la correttezza. Sarebbe oltremodo oltraggioso raggiungere un obiettivo tramite un confronto disonesto, il quale può provocare non solo malcontento nella parte opposta, ma soprattutto esporci al rischio che l’imbroglio venga scoperto, con la conseguente umiliazione e l’inevitabile fallimento.
Esiste infine una quarta situazione, in cui i presupposti per una sana competizione vengono rispettati, ma non portano ai risultati sperati. Questo caso può verificarsi quando, mentre noi siamo disposti ad esporci ad un corretto confronto, la controparte non è interessata a mettersi in gioco. Per il suddetto motivo quindi non sarà appagante ottenere dei risultati contando su una presunta rivalità, perché non da entrambe le parti sarà percepita come tale e la situazione potrebbe anzi risultare sgradevole.
La condizione più importante quindi è il sondare il campo da gioco e i partecipanti alla gara, in modo tale da individuare immediatamente se i presupposti sono corretti per una competizione appagante e costruttiva ed escludere eventuali situazioni in cui invece sarebbe più corretto lavorare in completa autonomia, ignari dell’operato altrui.
L’autrice: Giovanna Spiga, 20 anni, frequenta il terzo anno del corso di Economia e Management per Arte, Cultura e Comunicazione, presso l’Università “Luigi Bocconi” di Milano.
Ha partecipato alla gara “Ti piace scrivere? Aiutaci a creare contenuti per il blog!” perché ha voluto mettersi alla prova attraverso la piattaforma di University2Business e capire se poteva iniziare a coltivare la sua passione per la scrittura e, in particolar modo, quella per il giornalismo.